Il rischio inflazione sui consumi e sulla ripresa
A lanciare l’allarme è Confcommercio: con un aumento dei prezzi si perderebbero circa 2,7 miliardi di euro di consumi o fino a 5,3 miliardi in caso di inflazione al 4%
di Redazione
Nell’ipotesi di un aumento medio dei prezzi del 3% si perderebbero circa 2,7 miliardi di euro di consumi che potrebbero arrivare fino a 5,3 miliardi nell’ipotesi di un’inflazione al 4%: in entrambi i casi, quasi i tre quarti della perdita deriverebbero da un’immediata riduzione del potere d’acquisto del reddito disponibile, il resto dall’erosione della ricchezza finanziaria detenuta in forma liquida. Su questa riduzione dei consumi pesa, peraltro, anche l’aumento delle spese obbligate per il rincaro dei prezzi dell’energia che si è già trasferito sulle bollette di luce e gas. A tracciare il quadro, definendo lo “spettro” dell’inflazione, è l’Ufficio Studi di Confcommercio. Lo scenario, che si basa su previsioni sui possibili effetti di un rialzo dell’inflazione sui consumi delle famiglie nel quarto trimestre 2021, rappresenta una minaccia alla ripresa dei consumi e più in generale alla crescita economica del 2022.
Soltanto pochi giorni fa, l’Istat ci informava di un commercio al dettaglio tornato nel complesso ai valori pre-pandemia. Nello specifico, spiegava l’Istituto nazionale di statistica in riferimento a settembre 2021, «il livello dell’indice destagionalizzato in volume, grazie alla dinamica positiva degli ultimi mesi, raggiunge, per la prima volta dall’inizio dell’emergenza sanitaria, il livello di febbraio 2020». Ma ora la possibilità di un’impennata dell’indice dei prezzi al consumo potrebbe mettere a rischio anche gli acquisti di Natale.
Per il 70%, spiega l’Ufficio Studi di Confcommercio, le perdite stimate sono dovute a immediate riduzioni di potere d’acquisto del reddito disponibile; per la restante parte al minore potere d’acquisto della ricchezza finanziaria detenuta in forma liquida e, quindi, non protetta dall’inflazione inattesa. Secondo la stima dell’Ufficio Studi, «è possibile ipotizzare una crescita della quota di spesa destinata a spese obbligate, in ragione dell’incremento dei prezzi dell’energia che si è già riflesso sulle bollette di luce e gas (nonostante i sostegni stanziati dal governo per neutralizzare, in parte, gli effetti di tali aumenti sui bilanci delle famiglie, in particolare di quelle più fragili sotto il profilo del reddito da lavoro)».
Conclude perciò l’Ufficio Studi Confcommercio: «Che tali potenziali incrementi dei prezzi – essendo piuttosto probabile un abbondante superamento del 3% tendenziale dei prezzi nel quarto trimestre – non comportino alcuna variazione nelle aspettative delle famiglie e non riducano gli acquisti durante l’importante periodo natalizio, appare piuttosto inverosimile».