Nel 2021 oltre la metà delle famiglie italiane ha rinunciato a prestazioni sanitarie
A dirlo il Bilancio di welfare delle famiglie italiane di Cerved, secondo cui l’anno scorso la spesa complessiva ha raggiunto il valore di 136,6 miliardi, pari al 7,8% del PIL
di Redazione
Oltre la metà delle famiglie italiane (50,2%) ha rinunciato a prestazioni sanitarie per problemi economici, indisponibilità del servizio o inadeguatezza dell’offerta. Contemporaneamente la spesa delle famiglie per la salute, l’assistenza agli anziani e l’istruzione è aumentata. È il gap fra la crescita della domanda e l’adeguatezza dell’offerta la vera novità dell’edizione 2022 del Bilancio di welfare delle famiglie italiane di Cerved.
Il rapporto analizza la spesa di welfare delle famiglie, che nel 2021 ha raggiunto il valore di 136,6 miliardi, pari al 7,8% del PIL, con un modello suddiviso in otto aree. La salute (38,8 miliardi) e l’assistenza agli anziani (29,4 mld) sono le due aree principali, che nell’insieme assorbono la metà della spesa familiare. Le altre aree sono: la cura dei bambini e l’educazione prescolare (con una spesa di 6,4 miliardi), l’assistenza familiare (11,2 miliardi), l’istruzione (12,4 miliardi), la cultura e il tempo libero (5,1 miliardi), le spese per il lavoro (25 miliardi), le assicurazioni di previdenza e di protezione (8,3 miliardi). Il Bilancio di welfare delle famiglie italiane di Cerved è stato presentato a Roma, evento a cui hanno preso parte anche la ministra per le Pari opportunità e la famiglia, Elena Bonetti, esponenti del governo e delle Istituzioni, studiosi del cambiamento sociale e responsabili di imprese operanti nel mercato dei servizi di welfare.
Complessivamente, si spiega nel rapporto, la spesa di welfare delle famiglie varia più rapidamente del PIL: aumentata del 6,8% dal 2017 al 2018, ha subito una contrazione provocata dalla pandemia (-14,6% dal 2018 al 2020), per tornare a crescere nell’ultimo anno è tornata a crescere dell’11,4%. In tre aree la tendenza generale è di continuo aumento della spesa: la salute, da 33,7 miliardi nel 2017 a 38,8 miliardi nel 2021 (superando la flessione provocata dall’emergenza Covid nel 2020); l’assistenza agli anziani, da 25,3 miliardi nel 2017 a 29,4 miliardi nel 2021; l’istruzione, da 9,6 miliardi nel 2017 a 12,4 nel 2021. Le spese familiari per l’istruzione hanno subito un’impennata nel 2020 a causa anche della necessità di dotarsi delle attrezzature tecnologiche richieste dalla DAD.
In tre aree, invece, la spesa delle famiglie è fortemente diminuita nel 2020 a causa delle restrizioni provocate dalla pandemia, e nel 2021 è tornata crescere ma senza raggiungere i livelli pre-crisi: l’assistenza ai bambini e l’educazione prescolare (le famiglie hanno dovuto fronteggiare la chiusura di nidi e asili con un forte aumento dell’impegno dei genitori che, in molti casi ha portato a difficoltà nel lavoro); l’assistenza familiare (è molto diminuito il ricorso alle colf); la spesa per la cultura e il tempo libero, che nel 2020 si è ridotta di due terzi e tuttora resta molto distante dai livelli precedenti la crisi.
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