Precarietà e salari bassi, così la povertà lavorativa in Italia
In Italia l’11,8% dei lavoratori si trova in una situazione di povertà, a fronte di una media UE al 9,2%
di Redazione
Quello del “lavoro povero” non è un problema nuovo, o almeno non è un problema che trova un’unica giustificazione nella crisi derivata dalla pandemia. Certo è, però, che quest’ultima ha aggravato una situazione che negli anni dopo la crisi del 2008-2009 si è osservata in progressiva crescita tanto nel nostro paese quanto nell’UE (e anche negli Stati Uniti). Ad ogni modo in Italia l’11,8% dei lavoratori si trova in una situazione di povertà, vive cioè, pur lavorando, in una famiglia con un reddito netto inferiore al 60% della mediana, a fronte di una media UE al 9,2%, secondo quanto riportato nel Rapporto della Commissione del ministero del Lavoro sulla povertà lavorativa (sulla base di dati Eurostat).
Stando all’Eurostat, infatti, l’Italia, con 2.102 euro mensili, si colloca ai margini in Europa per stipendi lordi. Il che significa che i partner europei, escludendo una manciata di paesi tra i quali Grecia e Spagna, fanno meglio di noi, al netto del costo della vita e, soprattutto, di quello del lavoro che in Italia rappresenta una spada di Damocle, occupando per questa voce il quarto posto della classifica Ocse.
In Italia i “lavoratori poveri” si attestano al 12% tra i dipendenti e al 17% tra gli autonomi, mentre salgono al 22% tra chi lavora part-time. Una condizione, inoltre, che interessa molto le donne (27,8%). Una bassa retribuzione oraria, precariato e scarsa formazione sono gli elementi che talvolta concorrono alla situazione fin qui evidenziata. Perciò, al di là di una ripresa dei livelli occupazionali, a maggior ragione oggi non si può non tenere conto della disoccupazione estesa, che include, oltre agli scoraggiati, anche i sottoccupati. I sottoccupati sono persone che lavorano part time, ma che vorrebbero lavorare un numero maggiore di ore. In termini di ore lavorate, l’emergenza sanitaria ha provocato uno scossone di non poco conto e in questo senso il recupero è ancora lento.
A questo si aggiunga, come si legge nel Rapporto della Commissione del ministero del Lavoro sulla povertà lavorativa, che in Italia, solo il 50% dei lavoratori poveri percepisce una qualche prestazione di sostegno al reddito rispetto al 65% in media europea. In particolare, in Italia manca uno strumento per integrare i redditi dei lavoratori poveri, un in-work benefit (letteralmente trasferimento a chi lavora), che permetterebbe di aiutare chi si trova in situazione di difficoltà economica e incentiverebbe il lavoro regolare. Nel 2020, specialmente, secondo le stime della Banca d’Italia, il reddito lordo delle famiglie si è ridotto del 2,8%: al significativo calo (-8,4%) dei redditi da lavoro, che rappresentano i quattro quinti del totale, si è sommato quello, meno marcato, dei redditi netti da proprietà (-2,9%).