Così la crisi energetica colpisce soprattutto l’Italia
Maggiore esposizione ai mercati internazionali e pochi strumenti a disposizione, i principali problemi. Studio Bce: i rincari riducono il Pil dell’Eurozona
di Redazione
Secondo le stime della Banca centrale europea, contenute in uno studio sulla dipendenza del gas naturale all’interno del bollettino economico che verrà pubblicato giovedì 17 febbraio, ma di cui è stata data un’anticipazione, i prezzi del petrolio e del gas naturale dovrebbero segnare il loro picco nel corso del primo trimestre 2022, con il gas in particolare che raggiungerà un rincaro di quasi il 600% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. L’aumento provocherà a sua volta una riduzione di 0,2 punti del Pil dell’area euro.
Lo studio arriva nel mezzo delle tensioni tra Russia e Ucraina e le conseguenze geopolitiche che coinvolgono Unione europea, Stati Uniti e Nato. Stando ad una simulazione, la Bce sostiene che un «ipotetico shock da razionamento del 10% sul gas sul settore industriale dovrebbe ridurre il valore aggiunto dell’area euro di circa lo 0,7%». «Le perdite – aggiunge la Bce – sarebbero particolarmente significative nei paesi dove la produzione dipende più dal gas e dove la produzione di elettricità, gas e forniture di aria condizionata rappresentano una quota considerevole di valore aggiunto».
Ovviamente le notizie che giungono dall’Ucraina impensieriscono anche l’Italia, soprattutto per quanto riguarda il caro energia per famiglie e imprese. A tale proposito è doveroso ricordare che dall’Ucraina passa il 37% del gas naturale diretto dalla Russia verso Occidente e il 40% del gas usato in Italia viene fornito da Mosca. Già alcune settimane fa in un’indagine realizzata da Confcommercio in collaborazione con Nomisma, veniva sottolineato che per l’elettricità alberghi, bar, ristoranti e negozi pagheranno quest’anno una bolletta quasi doppia rispetto alla Francia e tra il 15 e il 20% in più della Germania mentre sugli autotrasportatori pesa, invece, il raddoppio del costo del metano per autotrazione e una maggiore spesa annua per il gasolio di circa 10 mila euro per ciascun mezzo pesante.
Cosa sta succedendo, dunque? «La crisi energetica che sta investendo l’Europa – spiegano ancora Confcommercio e Nomisma – si sta scaricando in maniera disomogenea sui singoli paesi, da una parte per la loro diversa esposizione ai mercati internazionali, dall’altra per le differenti modalità di intervento nel tentare di contenere le tariffe. E l’Italia, purtroppo, è il paese che è messo peggio, non solo per la maggiore esposizione ai mercati internazionali, in particolare a quelli che hanno registrato un’esplosione dei prezzi del gas, ma soprattutto perché il governo italiano, a differenza di altri paesi, ha pochi strumenti per potere intervenire in quanto le sue azioni finiscono per scaricarsi su un debito pubblico già molto alto». Perciò, si sottolinea ancora, in Italia i prezzi dell’elettricità per le imprese sono cresciuti più che negli altri paesi.
E non è tutto. Il caro energia ha già avuto un riflesso significativo sulla produzione industriale. Come osservato recentemente dal Centro Studi di Confindustria, la produzione industriale italiana è stimata in forte caduta a gennaio, -1,3%, dopo -0,7% a dicembre. La contrazione è dovuta al caro energia (elettricità +450% a dicembre 2021 su gennaio 2021), appunto, e al rincaro delle altre commodity che comprimono i margini delle imprese, che in diversi casi stanno rendendo meno conveniente produrre. A questo, rimarca il Centro Studi Confindustria, si sommano le «persistenti strozzature» lungo le catene globali del valore. Un quadro che nel complesso mette a rischio la ripresa avviata lo scorso anno.