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Energia e materie prime, i rincari frenano imprese e cittadini

Confesercenti-Ipsos: a rimetterci sono soprattutto i consumi legati a cene e pranzi fuori. Secondo la Fipe per sei imprese su dieci della ristorazione il ritorno ai fatturati pre-Covid non arriverà prima del 2023

di Redazione

La fine della situazione emergenziale legata alla pandemia di coronavirus non sembra, per il momento, assicurare certezze a imprese e a cittadini. La guerra tra Russia e Ucraina, che ha inasprito il rialzo dei prezzi delle materie prime e dell’energia, contribuisce ad aumentare la fragilità della ripresa economica. Ciò si può osservare in diversi modi. Ad esempio, secondo una recente indagine Confesercenti-Ipsos, complessivamente solo il 9% degli italiani affronterà il caro-bollette senza battere ciglio, mentre il restante 91% adotterà qualche strategia di risparmio, arrivando a tagliare in media il 55% del budget previsto per le altre spese, quota che sale al 59% nelle regioni del Sud e delle Isole. 

A rimetterci sono soprattutto i consumi quali cene e pranzi fuori, moda e – sottolinea Confesercenti – persino il rito del caffè. In cima alla classifica della revisione di spesa, ci sono, appunto, le consumazioni nei ristoranti, indicate come voce da tagliare dal 67% del campione. Seguono abbigliamento e accessori (53%) e bar (49%). Ma a soffrire è anche il turismo: il 47% indica la volontà di ridurre il budget per le vacanze, mentre un ulteriore 37% taglierà anche i viaggi brevi, con meno di due pernottamenti fuori casa. Inevitabilmente, la scure della spending review cala anche su attività di intrattenimento (spettacoli, musica, videogiochi, tagliati dal 47%), acquisti di tecnologia (38%) e spostamenti con mezzi privati (35%).

I dati fanno il paio con quanto viene osservato l’ufficio studi di Fipe, la Federazione italiana dei Pubblici esercizi, nel tradizionale rapporto sulla ristorazione, realizzato in collaborazione con Bain&Company e Tradelab. Facendo un passo indietro, quello che doveva essere l’anno della ripartenza, il 2021, ha mantenuto la promessa solo per il 16% delle imprese del settore, i cui fatturati sono cresciuti, mai però più del 10%. Per il 73% degli imprenditori, invece, il calo del volume di affari è stato verticale, a causa delle lunghe limitazioni con conseguente contrazione dei consumi. Gli italiani hanno speso oltre 24 miliardi di euro in meno nei servizi di ristorazione rispetto al 2019, equivalente al 27,9%. Oltre a questo c’è stata la “scomparsa” di 194 mila posti di lavoro rispetto al periodo pre-covid.

Il fatturato della ristorazione, spiega il rapporto, non tornerà ai valori pre-Covid fino al 2023 per sei imprese su dieci. L’87% degli imprenditori ha registrato un aumento della bolletta energetica fino al 50% e del 25% per i prodotti alimentari. Rimangono tuttavia contenuti gli aumenti dei prezzi ai consumatori: nel febbraio 2022 lo scontrino medio è salito solo del 3,3% rispetto a un valore generale dei prezzi aumentato del 5,7%. Il 56,3% di bar e ristoranti non prevede di rivedere a breve il rialzo dei propri listini prezzi.

Quanto alle previsioni per il 2022, nonostante il quadro attuale venga definito «abbastanza fosco», le speranze per il resto dell’anno sono generalmente positive. Il 57,5% dei pubblici esercizi prevede un aumento dei ricavi rispetto al 2021, ma non mancano valutazioni negative tra chi, al contrario, prevede un calo del fatturato (10,1%) o addirittura non ha alcun obiettivo quasi a prefigurare il rischio chiusura (2,6%).

 

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