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Guerra e inflazione frenano l’Europa, ripresa in salita

Il rialzo dei prezzi si fa sentire un po’ ovunque, con ripercussioni su redditi e consumi. Ma già nel 2023 è atteso un miglioramento, grazie alle mosse delle banche centrali

di Redazione

Le tensioni geopolitiche e le conseguenti pressioni inflazionistiche sono tra le principali motivazioni di preoccupazione in questa fase di incertezza economica. La “variabile” prezzi – ha recentemente osservato l’Ufficio Studi di Confcommercio – continua a influenzare l’indice del disagio sociale – il Misery Index elaborato da Confcommercio, appunto – facendo da contrappeso negativo all’andamento del mercato del lavoro, che nelle ultime settimane aveva dato segnali di ripresa.

Il trend al rialzo dei prezzi e la carenza di materie prime rappresentano fattori di freno, da cui potrà dipendere un impatto negativo su redditi e consumi, sulla domanda aggregata e sulla competitività delle imprese. Il problema non è chiaramente solo italiano, ma interessa un po’ tutta l’Europa (e gli Stati Uniti), soprattutto ora alla luce del conflitto tra Russia e Ucraina.

Alcuni dati, per comprendere meglio la portata del fenomeno. In Grecia l’inflazione è cresciuta ad aprile del 10,2%, il livello più alto dal 1995. Secondo l’istituto di statistica Elstat l’aumento è dovuto all’impennata dei prezzi del carburante e degli alloggi. I prezzi del gas naturale, nello specifico, sono aumentati del 122,6% dall’aprile 2021, accompagnati da un aumento dell’88,8% del costo dell’elettricità, del 35,2% dei costi generali degli alloggi e del 10,9% di cibo e bevande. Ma l’inflazione è in aumento anche in Germania. Stando all’ufficio statistico Destatis, che ha confermato i dati preliminari diffusi a fine mese, quindi +7,4%, in accelerazione rispetto al +7,3% del mese precedente.

«Con l’inflazione che resterà probabilmente alta per un certo periodo di tempo», occorre assicurare che «torni al 2% una volta che saranno superati i diversi shock sull’offerta», ha osservato in queste ore la presidente della Bce, Christine Lagarde. Secondo l’agenzia di rating Moody’s, l’attuale elevata inflazione causerà effetti significativi, ma temporanei in molti paesi, poiché le azioni delle banche centrali contribuiranno a spingere l’inflazione al ribasso già dal prossimo anno, fino ad attenuarsi ulteriormente nel 2024, con la crescita economica attesa di nuovo in ripresa.

 

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