Le sfide dell’Europa, dalla dipendenza dal gas russo alla transizione energetica
L’accordo tra Stati Uniti ed UE sul GNL potrebbe non essere sufficiente. Le preoccupazioni per l’impatto ambientale e l’ambizione del programma REPowerEU
di Redazione
Il 61% degli americani afferma che sarebbe favorevole all’espansione della produzione degli Stati Uniti per esportare grandi quantità di gas naturale nei paesi europei. Una quota minore, pari al 37%, si dichiara invece contraria. I dati emergono da un recente sondaggio del Pew Research Center sul tema, considerato che gran parte dell’Europa è alle prese con possibili misure che riducano la propria dipendenza dal petrolio e dal gas russo in risposta all’invasione dell’Ucraina, confidando, appunto, sull’aiuto degli Stati Uniti.
I paesi europei, tra cui Germania e Italia, come è noto, hanno annunciato da settimane l’intenzione di eliminare gradualmente le importazioni di petrolio e gas dalla Russia, che rimane il più grande fornitore di energia in Europa (anche se la commissaria UE all’Energia, Kadri Simson, ha illustrato al Parlamento europeo come l’Unione abbia già di fatto registrato una riduzione passando dal 40% di aprile 2021 al 26% di quest’anno). Di recente è stato trovato un accordo tra Stati Uniti ed Unione europea con cui l’amministrazione Biden si è impegnata ad aumentare le esportazioni di gas naturale verso l’UE. Lo scopo è ridurre e, gradualmente, eliminare del tutto la dipendenza energetica dalla Russia. Nel frattempo è in corso un ampio dibattito generale sulla possibilità di embargo al gas e al petrolio russi in Europa, ma diversi attori sono dubbiosi, se non proprio contrari all’ipotesi. Ad ogni modo, per gli Stati Uniti, un cospicuo aumento delle esportazioni di gas naturale potrebbe aprire nuovi scenari e nuove sfide e allo stesso modo ciò è vero per il vecchio continente.
Tale accordo prevede un aumento delle importazioni di gas naturale fino ad un import di 50 miliardi di metri cubi entro il 2030. L’anno scorso la produzione di gas naturale degli Stati Uniti è stata di 1.000 miliardi di metri cubi – confermandosi i più grandi produttori mondiali – e le esportazioni di gas naturale sono state pari a 188 miliardi di metri cubi.
Dall’altro lato, i paesi europei hanno espresso l’intenzione di eliminare la dipendenza da oltre 150 miliardi di metri cubi di gas russo all’anno, in parte importando altri 50 miliardi di metri cubi di GNL (gas naturale liquefatto) entro il 2030, cioè circa il 50% in più di quanto importano attualmente. Ma come ha scritto il New York Times, «non sarà facile, dal momento che il mercato globale del GNL è di soli 523 miliardi di metri cubi all’anno, di cui quasi il 20% va già in Europa». Mentre nuovi terminali di esportazione di GNL stanno entrando in funzione negli Stati Uniti e in Qatar, la domanda globale sta aumentando ancora più rapidamente, soprattutto nei paesi asiatici che cercano di diminuire l’inquinamento atmosferico dovuto alla combustione del carbone.
E questa è l’altra grande questione che entra in gioco. Perché in molti, soprattutto tra gli ambientalisti, avvertono che una maggiore produzione di gas naturale e l’eventuale costruzione di nuove infrastrutture possa determinare il rilascio di emissioni per decenni, contraddicendo quelli che sono i traguardi internazionali per il contrasto al cambiamento climatico. La risposta dell’amministrazione Biden, che ha espresso sostegno sia per le rinnovabili che per il gas naturale, non sembra avere dato in questo senso risposte concrete a chi, al riguardo, nutre forti dubbi.
Il Financial Times ha spiegato che il piano previsto da USA e UE si articolerà in tre fasi. Per prima cosa, gli Stati Uniti garantiscono all’UE forniture di gas naturale liquefatto in poco tempo così da avviare il processo di sostituzione del gas russo (ma a tale proposito è doveroso ricordare che le infrastrutture di rigassificazione si trovano perlopiù nell’Europa meridionale). L’Unione europea, invece, assicura agli Stati Uniti un mercato più ampio per il suo gas entro il 2030 e questi ultimi aiuteranno l’UE ad accelerare la transizione energetica, fino alla riduzione di domanda di gas, ma a quel punto andranno anche tutelati coloro che in Europa avranno investito nel GNL americano. La Russia, dal canto suo, sta provando a compensare il calo di export del gas guardando ad altri mercati, compreso quello cinese.
Ad ogni modo, l’UE ha cominciato a muoversi in termini più ambiziosi. La Commissione europea ha infatti presentato il piano REPowerEU, i cui punti principali riguardano risparmio, diversificazione degli approvvigionamenti e accelerazione della transizione verso le fonti rinnovabili, più una serie di obiettivi volti a migliorare l’efficienza energetica.
Quanto al parere delle persone, si osserva tra le due sponde dell’Atlantico una convergenza di preoccupazioni in ottica ambientale ed economica. Tornando al sondaggio del Pew Research Center, la maggior parte dei cittadini statunitensi (67%) sostiene, in apparenza in contraddizione con i dati elencati all’inizio, che lo sviluppo di fonti di energia alternative, come l’eolico e il solare, dovrebbe essere la priorità per affrontare l’approvvigionamento energetico del paese, mentre il 32% afferma sia più importante espandere della produzione di petrolio, carbone e gas naturale. In Europa, stando ad un Eurobarometro pubblicato nel 2021, i cittadini «ritengono che i cambiamenti climatici siano il problema più grave che il mondo si trova ad affrontare». Nello specifico, nel 93% dei casi, si afferma che i cambiamenti climatici «siano un problema grave».