Salario minimo, così la situazione in Europa
L’Italia è uno dei sei paesi UE senza salario minimo insieme a Svezia, Finlandia, Danimarca, Austria e Cipro. Evidenti le differenze tra chi lo applica, dai 332 euro al mese della Bulgaria ai 2.000 del Lussemburgo
di Redazione
L’Italia è uno dei sei paesi UE senza salario minimo, gli altri sono Svezia, Finlandia, Danimarca, Austria, Cipro. Dal primo ottobre la Germania lo porterà a 12 euro l’ora. Ma in generale, le differenze tra paesi membri dell’UE sono evidenti: si va dai 332 euro al mese della Bulgaria ai 2.000 del Lussemburgo. Più di mille euro sono previsti in Slovenia (1.074 euro), Spagna (1.126 euro), Francia (1.603 euro), Germania (1.621 euro), Belgio (1.658), Paesi Bassi (1.725 euro), Irlanda (1.775 euro). In altre parole il salario minimo è una soglia fissata da ciascuno Stato entro cui il datore di lavoro non può scendere nel pagamento delle prestazioni lavorative.
I sei paesi che l’Eurostat classifica come non aventi un salario minino legale, ricorrono alla contrattazione collettiva, cioè il minimo non è universale – in quanto applicabile a tutti i lavoratori –, ma settoriale, in base all’attività svolta. L’accordo raggiunto nelle ultime ore sulla direttiva UE per il salario minimo alimenta un dibattito che, nel nostro paese, era già stato motivo di divisioni, nella maggioranza di governo e all’interno dello stesso esecutivo.
Nella notte è stato annunciato il raggiungimento, appunto, di un accordo tra Consiglio, Parlamento europeo e Commissione in materia di salario minimo dopo oltre un anno di negoziati. La misura non prevede un obbligo in questo senso – «Non imporremo un salario minimo all’Italia», ha spiegato infatti in conferenza stampa a Strasburgo il commissario europeo al Lavoro, Nicolas Schmit –, ma stabilisce il perimetro entro cui i singoli paesi dell’UE potranno muoversi.
In altre parole il provvedimento mira a promuovere la contrattazione collettiva sulla determinazione dei salari e livelli adeguati di salari minimi legali, punta a migliorare l’accesso effettivo alla tutela garantita dal salario minimo per tutti i lavoratori e stabilisce la presentazione di relazioni sulla copertura e l’adeguatezza dei salari minimi da parte degli Stati membri. La copertura della contrattazione collettiva, in particolare, viene fissata intorno all’80%: chi resta al di sotto di tale soglia viene invitato a elaborare un piano per promuovere la contrattazione con modalità che coinvolgano le parti sociali. Un quadro, quest’ultimo, che però non dovrebbe riguardarci in quanto la percentuale è già raggiunta.
Lo scopo del salario minimo è, dunque, quello di garantire anche i lavoratori esclusi dalla contrattazione collettiva. La proposta di cui si discute in Italia è di 9 euro l’ora e attualmente si stimano in 4,6 milioni i lavoratori che percepiscono meno di tale cifra. Si tratta del 30% del totale, del 26% di quelli privati, del 35% degli operai agricoli e del 90% dei lavoratori domestici.