Il tema del lavoro nella campagna elettorale
Gli schieramenti propongono ricette diverse per rilanciare l’occupazione, mentre cresce lo “spauracchio” del lavoro povero
di Redazione
Il tema del lavoro è senza dubbio tra i più dibattuti in campagna elettorale, ma non il primo. La principale preoccupazione dei cittadini è l’economia in generale – più o meno convergono in questa direzione quasi tutte le analisi al riguardo –, ma dal lato dei leader politici la priorità è parlare (male) dell’avversario, solo dopo viene l’economia. E il lavoro, per tornare alla questione di partenza, si colloca in verità al sesto posto. A dipingere il quadro è un’indagine realizzata da Pierluigi Vitale (social media analyst e docente di information design all’Università di Salerno) e Serena Pelosi (linguista computazionale e assegnista di ricerca Icar Cnr), per quanto l’analisi si riferisca alle primissime battute della campagna elettorale, nel periodo della presentazione delle liste (presi ad esame i post su Facebook e Instagram), non c’è motivo di dubitare che nel frattempo la situazione sia poco cambiata anche alla luce dei recenti sviluppi in ambito internazionale.
Certo, le difficoltà dovute alla pandemia e il caro energia ora aggravato dal conflitto in Ucraina sono ragioni valide per collocare l’economia tra le priorità e il lavoro è pur sempre un tema strettamente legato alle questioni economiche, ma gli ultimi dati sembrano mettere ulteriormente in risalto alcuni problemi ormai strutturali del nostro mercato: il lavoro breve e povero. E non a caso, infatti, il lavoro è il tema più considerato proprio dai cittadini dopo l’economia.
Stando ai dati Istat relativi al secondo trimestre 2022, il numero di inattivi di 15-64 anni continua a diminuire a ritmi sostenuti (-588 mila, -4,4% in un anno) attestandosi a 12 milioni 752 mila. Si riduce il numero delle persone in cassa integrazione guadagni da più di tre mesi – 18 mila nel secondo trimestre 2022 (lo 0,1% del totale inattivi di 15-64 anni) rispetto ai 200 mila del secondo 2021 (l’1,5% del totale) – e anche quello degli autonomi con attività sospesa da più di tre mesi (10 mila nel secondo trimestre 2022 in confronto ai 60 mila dello stesso trimestre 2021). Il calo degli inattivi si riflette nella diminuzione del tasso di inattività 15-64 anni, che scende al 34,2% (-1,3 punti). Inoltre diminuiscono gli scoraggiati (-87 mila, -8,1%), coloro che si dichiarano in attesa degli esiti di passate azioni di ricerca (-132 mila, -18,7%) e anche coloro che non cercano un’occupazione per altro motivo (-313 mila, -14%), inclusa l’attesa di riprendere il proprio lavoro. Con minore intensità, diminuisce anche il numero di quanti non cercano lavoro per ragioni di studio (-57 mila, -1,3%) o familiari (-13 mila, -0,4%), motivazioni che insieme coinvolgono più della metà degli inattivi di 15-64 anni.
Ma al fianco di questi numeri, che in qualche misura certificano una ripresa vivacità del mercato del lavoro, se ne affiancano altri, sempre relativi al secondo trimestre 2022: il 37% delle posizioni lavorative attivate a tempo determinato – si legge nell’ultima Nota trimestrale sulle tendenze dell’occupazione a cura di Istat, ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, Inps, Inail e Anpal – ha una durata prevista fino a 30 giorni (il 13,3% un solo giorno), il 36% da due a sei mesi, e meno dell’1% supera un anno. Nel complesso, si riscontra un aumento dell’incidenza sul totale delle attivazioni dei contratti di brevissima durata (23,7% fino a una settimana, +3,9 punti rispetto al secondo trimestre 2021) e la riduzione dell’incidenza per le altre classi di durata, a eccezione di quella da sei mesi a un anno che è in crescita (15,4%, +1,2 punti). A ciò si aggiunga, infine, come secondo stime del Censis tra il 1990 e il 2020 la variazione reale delle retribuzioni medie lorde annue in Italia si attesti a -2,9%, senza dimenticare che il lavoro precario si diffonde soprattutto tra i giovani.
Nei programmi elettorali, si è fatto spesso notare, il tema del lavoro è chiaramente presente, ma poco illustrato in termini di come si vogliano raggiungere determinati obiettivi. Di sicuro la volontà comune è aumentare l’occupazione e sostenere giovani e imprese, incentivando una crescita dei salari. La riduzione del cuneo fiscale mette d’accordo i diversi schieramenti e in particolare è la misura che più interessa il centrodestra, mentre il centrosinistra mira all’introduzione di un salario minimo. Poi ci sono le politiche attive da rilanciare e altre questioni, come la promozione dello smart working, il contrasto al part time involontario e l’obbligo di retribuzione per gli stage curriculari, cui i partiti di centrosinistra prestano maggiore attenzione. Tornando all’indagine di Vitale e Pelosi, ad ogni modo, il centrodestra sembra rivolgere più pensieri all’economia e al lavoro (in questo caso, però, la differenza è lieve) del centrosinistra, con quest’ultimo più concentrato rispetto al primo su temi quali ambiente e diritti.
[…] tema potenzialmente da campagna elettorale e strettamente legato ad altre questioni, quali il lavoro e l’economia. Ad ogni modo, precisa l’Istat, «le previsioni demografiche sono, per costruzione, tanto più […]