Midterm 2022. Cosa dicono gli ultimi sondaggi
Si vota domani, martedì 8 novembre, per il controllo del Congresso negli Stati Uniti. Repubblicani favoriti, al Senato lo scenario più aperto
di Fabio Germani
Domani, martedì 8 novembre 2022, si terranno negli Stati Uniti le midterm, vale a dire le elezioni di metà mandato, così chiamate perché giungono alla metà, appunto, del mandato dell’amministrazione in carica. I cittadini statunitensi sono chiamati a rinnovare la Camera dei Rappresentanti (435 seggi in palio) e un terzo del Senato (35), tuttavia già in 42 milioni hanno votato attraverso procedure di early voting. In più si terranno consultazioni locali per eleggere i nuovi governatori o governatrici di 36 Stati, con il rinnovo della quasi totalità dei parlamenti statali. La guida alle elezioni di metà mandato è qui, in questo terzo appuntamento dello speciale ci occuperemo soprattutto degli ultimi sondaggi.
Prima di cominciare, un piccolo ripasso. Il mix di voto a livello federale e statale sarà un banco di prova importante per i due principali partiti, Democratico e Repubblicano, soprattutto in vista delle presidenziali 2024. Tradizionalmente l’appuntamento delle midterm non premia l’inquilino della Casa Bianca (in pochissime occasioni il presidente in carica è riuscito a mantenere la maggioranza al Congresso, un primo campanello d’allarme per Joe Biden). Di solito, inoltre, il risultato delle elezioni di metà mandato non per forza si traduce in un’anticipazione delle successive presidenziali (un caso recente che va proprio in questa direzione è quello di Obama nel 2010 quando perse la maggioranza alla Camera, ma venne rieletto per un secondo mandato due anni più tardi). Tuttavia, stavolta, le midterm potrebbero avere un peso specifico superiore, soprattutto per il Partito repubblicano e per Donald Trump, prossimo – secondo diverse testate statunitensi – ad annunciare l’intenzione di provare a fare ritorno alla Casa Bianca, passando per le primarie del GOP. Un modo dunque, utile all’ex presidente, per misurare la sua presa tanto sul partito – moltissimi candidati repubblicani alle elezioni di metà mandato sono trumpiani di ferro –, quanto sull’elettorato.
I sondaggi, in questi mesi, non hanno mai premiato i democratici. In estate si era registrato un recupero motivato dalla compattezza ritrovata attorno alla questione aborto, su cui il 24 giugno la Corte Suprema – a trazione conservatrice e chiamata a valutare una legge del Mississippi che scavalcava la Roe v. Wade, la sentenza del 1973 che ne aveva riconosciuto la garanzia federale – si è espressa per il ribaltamento. Dopodiché l’economia, causa inflazione e caro vita, è tornata ad essere centrale tra le priorità dei cittadini, specie tra coloro che si definiscono elettori repubblicani. Da alcune settimane i sondaggi sono tornati a indicare un vantaggio dei repubblicani sui democratici, netto alla Camera, con scenari più aperti al Senato.
Secondo una rilevazione Washington Post/ABC News, le intenzioni di voto degli elettori sono divise in modo uniforme alla Camera, con il 49% degli elettori registrati che afferma che voterà per il candidato repubblicano nel proprio distretto, mentre il 48% che voterà per quello democratico. L’ultimo sondaggio nazionale di NBC News, invece, delinea uno scenario leggermente diverso: il 48% afferma di preferire un Congresso controllato dai democratici, al contrario il 47% gradirebbe una maggioranza repubblicana. Ma i sondaggi a livello nazionale rischiano di avere scarso valore, a maggior ragione in vista di elezioni di metà mandato, dove la corsa al Congresso assume piuttosto i caratteri di un’elezione locale. Osservatori e analisti ritengono Pennsylvania, Georgia, Nevada, Arizona, Ohio e Wisconsin gli Stati chiave per capire l’esito del voto al Senato, che attualmente vede i due schieramenti avere 50 seggi ciascuno, con la maggioranza dem garantita dalla vicepresidente Kamala Harris, ago della bilancia in caso di pareggio.
Interessante la sfida in Georgia, tra Raphael Warnock (democratico) e la leggenda locale del football nonché ex NFL, Herschel Walker (repubblicano). Warnock ha mantenuto fin qui un costante vantaggio, ma Walker è in risalita. Il fatto è che la legge in Georgia prevede un ballottaggio – come è già successo tra il 2020 e il 2021 – se nessuno dei candidati riesce a ottenere il 50% dei voti. Ipotesi tutt’altro che remota dato che il terzo candidato in corsa, Chase Oliver, potrebbe contribuire alla sottrazione di voti utili a decretare il vincitore già al primo turno. Secondo FiveThirtyEight, in un eventuale ballottaggio, Walker potrebbe avere la meglio, nonostante i recenti scandali che lo hanno riguardato (è un candidato pro life, ma alcune donne lo accusano di averle spinte in passato a interrompere la gravidanza in cambio di denaro). È perciò probabile che in alcuni Stati, Georgia in testa, non si avranno subito risultati definitivi.
Dall’ultima volta che avevamo scritto al riguardo, stando al modello elaborato da FiveThirtyEight, i repubblicani hanno aumentato le chance di vincere in entrambi i rami del Congresso (il 53% delle possibilità), anche se al Senato la sfida rimane aperta, come abbiamo visto. Ad ogni modo, con la Camera data ormai per persa, anche se i democratici riuscissero a mantenere il controllo del Senato, per l’amministrazione Biden il quadro risulterebbe ostico ai fini di un pieno sviluppo dell’agenda di governo nei prossimi due anni.
Oltre al Congresso e ai nuovi governatori e nuove governatrici, in queste midterm particolare attenzione viene rivolta, infine, alle elezioni dei segretari di Stato, le figure che hanno il compito di certificare il risultato elettorale, appunto, nei singoli Stati. Si guarda alle cariche – un tema che di norma, fin qui, passava inosservato o quasi – alla luce delle polemiche e delle manifestazioni – poi culminate con l’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2021 – relative alla teoria Stop the Steal – che ancora oggi vanta numerosi sostenitori, persino tra i candidati repubblicani al Congresso – secondo cui Trump nel 2020 sarebbe stato vittima di frode elettorale. La possibilità di eleggere segretari di Stato pronti a contestare l’esito del voto sotto pressioni politiche, potrebbe rivelarsi una circostanza in grado di minare le basi democratiche degli Stati Uniti.
AGGIORNAMENTO 8 NOVEMBRE 2022
Nella sua elaborazione conclusiva, FiveThirtyEight ritiene cresciute ancora le possibilità di successo sia alla Camera sia al Senato dei repubblicani (ora al 57%).
SPECIALE MIDTERM 2022
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