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L’estate 2022 è stata la più calda di sempre

L’aumento delle temperature è un trend ormai consolidato e che coinvolge in particolare l’Europa. Senza un’inversione di tendenza, a rischio due ghiacciai su tre

di Redazione

Nel 2022 la temperatura media nel mondo è stata di 1,2 gradi superiore rispetto al periodo pre-industriale, che va dal 1850 al 1900. Lo rende noto un rapporto, “Global Climate Highlights 2022”, di Copernicus, il programma di osservazione della Terra dell’Unione europea, sottolineando che il 2022 non rappresenta comunque un’eccezione, ma semmai una conferma. Quello appena concluso infatti è l’ottavo anno consecutivo di temperature superiori di oltre 1 grado rispetto ai livelli pre-industriali.

Foto di Elisa Stone su Unsplash

L’aumento delle temperature è un trend ormai consolidato, come testimoniano i dati raccolti anno per anno. Ciò vale a livello mondiale – in tutto il mondo, gli anni più caldi finora sono stati rispettivamente il 2016, il 2020, il 2019 e il 2017 – e ancor di più per l’Europa: Copernicus sottolinea che le temperature nel continente europeo sono cresciute più del doppio rispetto alla media globale dell’ultimo trentennio, con il tasso di aumento più alto di qualsiasi altro continente.

In Europa, nel 2022 è stata registrata l’estate più calda di sempre (il precedente record apparteneva all’estate del 2021), il terzo autunno più caldo, superato soltanto dal 2020 e dal 2006, e l’inverno tra i dieci più caldi.

Nel 2023 non dovrebbe registrarsi un’inversione di tendenza: le previsioni del Met Office, l’organo britannico che si occupa di monitorare i cambiamenti climatici, sostengono che le temperature medie globali saranno almeno 1° C superiori alla media del periodo pre-industriale.

Oltre ad avere un impatto immediato sulla qualità della vita – le alte temperature, con le ondate di caldo estremo, sono anche la causa di migliaia di morti –, un incremento delle temperature prolungato nel tempo mette a rischio l’esistenza dei ghiacciai. Uno studio pubblicato da “Science” in questi giorni, coordinato dalla Carnegie Mellon University, di Pittsburgh, negli Stati Uniti, prevede che due ghiacciai su tre potrebbero sparire entro il 2100, a causa dei cambiamenti climatici.

Secondo i ricercatori, guidati da David Rounce, i ghiacciai maggiormente a rischio sono quelli con un’estensione inferiore a 1 chilometro quadrato, in Europa centrale, Canada occidentale e Stati Uniti. Lo studio considera diversi scenari, anche il più ottimista – le temperature non aumenteranno oltre 1,5 gradi rispetto ai livelli precedenti l’industrializzazione – prevede la sparizione della metà dei ghiacciai. Stando ai risultati ottenuti dai ricercatori, i ghiacciai perderanno tra il 26% ed il 41% della loro massa entro la fine del secolo, a seconda di un aumento di temperatura compreso tra 1,5 e 4 gradi.

 

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