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Cosa spiega il rallentamento della Cina

Crescita mai così bassa da oltre 40 anni e popolazione in calo. A pesare sull’economia la politica zero Covid e il crollo della domanda estera

di Redazione

Negli ultimi anni nel mondo i giudizi negativi nei confronti della Cina sono cresciuti soprattutto in virtù della gestione della crisi pandemica, dalla mancata condivisione di informazioni nelle prime fasi della diffusione del coronavirus fino alle politiche promosse per il suo contenimento. Un andamento che però non ha segnato una netta inversione di rotta, date le opinioni certo non lusinghiere che già da prima – specie in paesi come Stati Uniti o i “vicini” Giappone e Corea del Sud, rileva il Pew Research Center in una recente indagine – venivano espresse. Eppure Pechino è un attore fondamentale nello scacchiere internazionale, tante economie sono in un certo senso dipendenti dalla sua e in generale tanto gli Stati Uniti quanto l’Europa hanno sempre considerato la Cina un “avversario strategico”. Sono notizie delle ultime ore due aspetti in verità attesi, ma che hanno suscitato lo stesso un certo clamore: il rallentamento del Pil e il calo della popolazione.

Foto di Adrian da Pixabay

Per quanto riguarda l’economia, la Cina ha registrato nel quarto trimestre del 2022 un Pil in rialzo del 2,9%, mentre la crescita nell’intero anno è stata del 3%, attestandosi ai livelli più bassi da oltre 40 anni. Larga parte della deludente performance è da attribuirsi proprio alla situazione pandemica, peggiorata negli ultimi mesi (ad ogni modo in miglioramento stando alle dichiarazioni ufficiali di Pechino), soprattutto a causa degli effetti della politica zero Covid. Il dato è in decisa frenata rispetto al +8,4% del 2021 e inferiore alle previsioni iniziali di Pechino, che avevano indicato per quest’anno una crescita del 5,5%. A pesare anche il crollo del settore immobiliare e la flessione della domanda estera. Ci sono stati diversi elementi, negli ultimi tempi, ad avere condizionato i risultati dell’economia cinese. I dazi commerciali imposti dagli Stati Uniti durante l’amministrazione Trump (molti dei quali confermati dall’attuale amministrazione Biden), ad esempio, ma anche il cambio di paradigma degli scorsi anni che ha promosso una sorta di rallentamento controllato, favorendo i consumi interni a fronte di un sistema che da sempre si regge quasi del tutto sulle esportazioni. Nel primo anno di pandemia, il 2020, l’economia cinese è stata tuttavia l’unica a registrare una crescita, confermando la ripresa post-lockdown trainata dall’export, mentre la domanda interna subiva una contrazione.

Quanto alla popolazione, invece, sempre nel 2022, le persone che vivono nel paese sono diminuite di 850 mila unità, attestandosi perciò a un miliardo e 411 milioni. Anche qui, in realtà, non ci sarebbe granché di cui stupirsi. La popolazione della Cina invecchia rapidamente, con il 20% che ha dai 60 anni in su ed entro il 2035 tale percentuale dovrebbe salire al 30%, osserva al riguardo ancora il Pew Research Center. Secondo le stime delle Nazioni Unite la popolazione subirà un’ulteriore contrazione entro il 2030, per poi arrivare a meno di 800 milioni entro il 2100. A questi fenomeni concorre una serie di fattori: dall’età media delle donne che scelgono di avere figli in aumento e dai flussi migratori, con un saldo che è costantemente negativo – sono tante di più le persone che decidono di lasciare il paese di quelle che arrivano – almeno dal 1950. 

 

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