Pil e consumi frenano (nonostante la fiducia in risalita)
Per l’Ufficio studi di Confcommercio alla fiducia in forte ripresa «si contrappone l’azzeramento della crescita dei consumi nell’ultimo quarto del 2022». Pil in calo dello 0,9%
di Redazione
Secondo l’Ufficio studi di Confcommercio «prosegue la fase di “contraddizione” tra le evidenze emergenti dagli indicatori congiunturali». Lo mette nero su bianco nella Congiuntura Confcommercio di gennaio: a una fiducia in forte risalita, si legge nel documento, si contrappone l’azzeramento della crescita dei consumi nell’ultimo quarto del 2022. Produzione e occupazione sarebbero in riduzione tra novembre scorso e l’attuale mese di gennaio, eppure segnali molto favorevoli si riscontrano sul versante dell’inflazione, molto elevata, ma probabilmente in significativa riduzione nei prossimi mesi. Nonostante l’erosione del potere d’acquisto di redditi correnti e ricchezza liquida, solo in parte compensata dai sostegni pubblici – spiega Confcommercio –, l’atteggiamento delle famiglie resta positivo e non si avvertono cambiamenti radicali nei comportamenti d’acquisto. «Sono da escludere, quindi, almeno a breve termine, drastiche e generalizzate riduzioni della domanda».
A novembre 2022 la produzione industriale ha confermato la tendenza al rallentamento, trend che potrebbe perdurare fino ai primi mesi del 2023, stando alle indicazioni degli imprenditori. Il mercato del lavoro ha mostrato, nello stesso periodo di riferimento, una sostanziale tenuta con una lieve riduzione del numero di occupati (-0,1% su ottobre pari a -27 mila unità). Nello stesso mese i consumi, espressi nella metrica dell’ICC, hanno confermato la tendenza ad una minore dinamicità, con una crescita dello 0,4% su base annua. Il dato è sintesi di una flessione della domanda per i beni (-0,2%) e di una crescita per i servizi (+2,7%). All’interno dell’aggregato dei beni il ridimensionamento, sostanzialmente diffuso tra i settori, conferma accentuazioni negative per gli alimentari, i mobili e gli elettrodomestici.
Trascurabili segnali di recupero sono emersi, invece, nei settori dell’automotive e dell’abbigliamento, interessati ormai da tempo da forti difficoltà. Nel complesso del 2022 l’ICC ha registrato una crescita del 4,2%, sintesi di un recupero più accentuato dei servizi (+15,5% sul 2021) e di una moderata crescita della domanda di beni (+0,4%). Nonostante questo andamento molto positivo, i livelli di consumo si mantengono ben distanti dai valori complessivi del 2019 (-4,1%). I servizi si confermano in forte ritardo (-11,2%), così come il segmento dell’automotive (-23,8%) e dell’abbigliamento e calzature (-6,6%).
In linea con un deterioramento mostrato dai principali indicatori nella parte finale dello scorso anno, a gennaio il PIL, secondo le nostre stime, dovrebbe registrare una riduzione dello 0,9% congiunturale e una crescita dello 0,4% nel confronto annuo, ponendo le premesse per un primo trimestre recessivo. Gli ultimi dati sull’inflazione e i segnali di rallentamento sul versante dei costi delle materie prime energetiche, sembrerebbero indicare l’inizio di una fase meno espansiva dei prezzi. Secondo le nostre stime nel mese di gennaio i prezzi al consumo dovrebbero registrare un incremento dello 0,6% su dicembre, portando il tasso di variazione tendenziale al 10,5% (dall’11,6% di dicembre).
L’importante eredità del 2022 (il trascinamento è stato pari al 5,1%) e la perdurante crescita dell’inflazione di fondo rendono, comunque, difficile ipotizzare una crescita dei prezzi nella media del 2023 sotto il 6%. Più nel dettaglio, dunque, questo «importante lascito del 2022» e la crescita dell’inflazione di fondo rendono difficile ipotizzare, nonostante l’attenuarsi delle tensioni sugli energetici, un rientro importante dell’inflazione prima dell’estate. Elemento che consolida aspettative di una prima parte dell’anno non facile sia sul versante dei consumi sia su quello del PIL.