I divari territoriali nel PNRR, i dieci obiettivi per il Mezzogiorno
Dall’istruzione al lavoro, passando per i servizi per l’infanzia e quelli sanitari, fino all’emigrazione di massa: cosa dice il report dell’Istat
di Redazione
«Quello dei ritardi del meridione d’Italia è da più di un secolo una priorità nazionale e un ambito privilegiato di attenzione nel dibattito e nelle politiche per lo sviluppo e la coesione sociale. Non a caso, l’attualità e urgenza della “questione meridionale” è un punto qualificante del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), cui viene dedicata una priorità trasversale (“ridurre i divari di cittadinanza”) e destinate risorse ingenti (circa il 40% del totale) per finanziare riforme e interventi, talvolta esclusivi per le otto regioni del Sud». A dirlo è l’Istat nel report I divari territoriali nel PNRR: dieci obiettivi per il Mezzogiorno, uno studio che – dice ancora l’Istituto – «in presenza di policy così ampie e ambiziose» rappresenta il contributo della Statistica Ufficiale «a valorizzare il potenziale informativo disponibile per sostenere il processo decisionale e valutativo». In questo senso l’Istat inquadra 10 istantanee – Pil pro-capite, livello d’istruzione, condizione lavorativa, emigrazione, digitalizzazione, obsolescenza delle reti idriche, infrastrutture, competenze degli studenti, servizi per l’infanzia, servizi sanitari –, utili a comprendere i ritardi del Mezzogiorno per cui «il lavoro conferma la persistenza di divari strutturali di vario genere e livello, anche molto ampi; di rado si apprezzano processi di convergenza significativi con il resto del paese. Le differenze interne, anche infra-regionali – aggiunge al riguardo l’Istat – sono molteplici, e tendono a delineare contesti più o meno critici che talvolta ricalcano criteri di perifericità geografica (distanza dal Centro-Nord), e in altri casi di marginalità territoriale (cosiddette “aree interne”)».
Da oltre un ventennio, osserva l’Istat, il “PIL pro-capite” nel Mezzogiorno si aggira intorno al 55-58% del Centro-Nord. Nel 2021 il PIL reale è di circa 18 mila euro (33 mila nel Centro-Nord). Tutto il Mezzogiorno si colloca sotto la media nazionale: la Regione di coda (Calabria) ha un Pil pro-capite pari al 39,5% della migliore (Trentino Alto Adige). Per quanto riguarda il livello d’istruzione, nel Mezzogiorno si conferma una grave arretratezza. Pur migliorando nelle giovani generazioni, lo svantaggio rimane molto ampio. Nel 2020, un terzo (32,8%) dei meridionali in età 25-49 anni (24,5% nel Centro-Nord) ha concluso al più la terza media, mentre il 22,6% (27,6% nel Centro-Nord) ha un titolo terziario. La condizione lavorativa vede penalizzati soprattutto i giovani meridionali. Dal 2000 in poi si registrano abbastanza stabilmente circa tre occupati ogni dieci in meno nel Mezzogiorno rispetto al Centro-Nord (25-34 anni). Tranne rare eccezioni, l’intero Mezzogiorno presenta perciò tassi di occupazione giovanile molto inferiori alla media.
Da un mercato del lavoro in difficoltà, deriva la preoccupante ripresa dell’emigrazione di massa. Nel 2020, Sud e Isole hanno perso ben 42 giovani residenti (25-34 anni) ogni 100 movimenti anagrafici nei flussi interni extra-regionali (+22 nel Centro-Nord) e 56 su 100 in quelli esteri (49 nel Centro-Nord). Il fenomeno, osserva l’Istat, è accentuato nelle province con bassa occupazione e nelle cosiddette “aree interne”. Ad ogni modo nell’ultimo ventennio il processo di digitalizzazione è stato molto rapido, ma il Mezzogiorno non ha ancora recuperato il gap di partenza: il 60% circa dei residenti ha opportunità ridotte di accesso alla banda ultra-larga, e circa uno su cinque (17,3%) vive in contesti molto distanti da questo standard (4,2% nel Centro-Nord).
C’è poi da considerare l’obsolescenza delle reti idriche, che è un fattore critico data la sempre più grave siccità che interessa il Paese. Nel Meridione spesso si registrano perdite per circa la metà dell’acqua per uso civile. Livelli di inefficienza superiori alla media caratterizzano tre quarti delle province del Mezzogiorno (1/4 nel Centro-Nord). Allo stesso modo il Sud presenta una dotazione di infrastrutture di trasporto visibilmente inferiore alle altre ripartizioni. La densità della rete ferroviaria è nettamente più bassa, soprattutto nell’alta velocità (0,15 Km ogni 100 Km2 di superficie; 0,8 al Nord; 0,56 al Centro). Negli ultimi decenni l’ampliamento è stato molto modesto (+0,3% contro +7,1% del Centro-Nord), mentre è aumentato il gap qualitativo (58,2% di rete elettrificata; 79,3% del Centro-Nord).
Di nuovo capitolo istruzione. Gli outcome dell’istruzione, afferma l’Istituto nazionale di statistica, sono notevolmente peggiori: le competenze degli studenti risultano più basse in tutte le discipline e il gap aumenta nei diversi gradi d’istruzione. Nel 2021-‘22 il 42,7% degli studenti meridionali di V superiore presenta competenze “molto deboli” in matematica (28,3% in Italia; 15% nel Nord-Est) e solo il 6,7% si colloca a un livello “molto buono” (14,9% in Italia; 22,6% nel Nord-Est).
Anche i servizi per l’infanzia, cruciali per la crescita del bambino e per l’occupabilità delle donne con figli, presentano lacune in termini di gap nonostante l’offerta sia in crescita su tutto il territorio nazionale. Due terzi dei bambini (0-3 anni) nel Mezzogiorno vive in contesti con livelli di offerta inferiori agli standard nazionali e il 17,8% in zone con una dotazione molto bassa o nulla (5,3% nel Centro-Nord). E ancora: divari territoriali rilevanti caratterizzano l’efficienza, l’appropriatezza e la qualità dei servizi sanitari. Nel Mezzogiorno, soprattutto in alcune regioni coinvolte dai Piani di Rientro (sei su sette in questa ripartizione), la contrazione della spesa pubblica ha inciso negativamente sui LEA (Livelli essenziali di assistenza). Permane una diffusa “emigrazione sanitaria”: i ricoveri extra-regionali sono il 9,6% di quelli interni (6,2% nel Centro Nord). In oltre una provincia su cinque (21,1%; 7,2% nel Centro-Nord) tale mobilità sanitaria è molto intensa.