Il quadro (economico) internazionale a un anno dall’inizio della guerra in Ucraina
Il conflitto ha inasprito l’incertezza in precedenza già avviata dall’emergenza sanitaria mondiale. Ma l’economia russa ha registrato minori difficoltà rispetto a quelle previste
di Redazione
Un anno di guerra in Ucraina. E in un anno, chiaramente, di cose ne sono successe molte e altrettante sono cambiate. In termini di geopolitica, di divisioni internazionali, di cambiamenti ad una serie di politiche che fin qui avevano governato il mondo e caratterizzato la natura stessa di alcuni paesi. E in più, inevitabile, una crescita dell’incertezza economica dovuta ad una serie di scenari, che in parte si stavano concretizzando già prima dello scoppio del conflitto (un ruolo determinante, in questo senso, è stato svolto senza dubbio dalla pandemia e dalla crisi che ha innescato), ma che nei mesi di guerra hanno aggravato la situazione. Basti pensare alle materie prime, i cui prezzi avevano subito un’impennata nel periodo pandemico e poi si sono inaspriti a causa della guerra (soprattutto durante la crisi del grano), con l’Europa che è dovuta correre ai ripari in termini di sicurezza energetica – non senza ripercussioni sulle tasche dei cittadini – per sostituire il gas russo, nel frattempo colpito dalle sanzioni economiche. A risentirne di più, inutile dirlo, è l’Ucraina stessa, che ha visto crollare notevolmente il suo Pil nel corso del 2022 e la cui ricostruzione costerà, secondo stime della Banca mondiale dello scorso autunno, oltre 600 miliardi di dollari, cifra comunque destinata a mutare al mutare delle condizioni e al prolungamento del conflitto.
Nell’ultimo bollettino economico, la BCE scrive che «la guerra ingiustificata mossa dalla Russia all’Ucraina e alla sua popolazione continua a rappresentare un significativo rischio al ribasso per l’economia e potrebbe nuovamente sospingere al rialzo i costi dei beni energetici e alimentari». Un ulteriore freno alla crescita nell’area dell’euro, sostiene ancora l’istituto di Francoforte, potrebbe inoltre derivare da un eventuale indebolimento dell’economia mondiale più brusco rispetto alle attese. «Tuttavia, lo shock energetico potrebbe esaurirsi più rapidamente di quanto anticipato e le imprese dell’area dell’euro potrebbero adeguarsi più velocemente al difficile contesto internazionale. Questi fattori – aggiunge la BCE – sosterrebbero una crescita maggiore rispetto alle attese correnti. Anche i rischi per le prospettive di inflazione sono divenuti più equilibrati, soprattutto a breve termine. Per quanto riguarda i rischi al rialzo, le attuali pressioni inflazionistiche potrebbero ancora far aumentare i prezzi al dettaglio nel breve periodo. Inoltre, un recupero dell’economia cinese più marcato del previsto potrebbe imprimere un nuovo impulso alle quotazioni delle materie prime e alla domanda estera».
C’è poi da considerare che la guerra ha ridotto l’offerta di gas all’UE – nel corso del 2022 la Russia, a fronte delle sanzioni finanziarie e commerciali ai suoi danni, ha diminuito fino all’80% le sue esportazioni – e generato rischi per quella futura. L’Unione si è così orientata verso il GNL (gas naturale liquefatto), favorendo la connessione con altri mercati. L’accumulo di scorte avvenuto durante l’estate dello scorso anno ha permesso ai paesi europei di assicurare gli approvvigionamenti per questo inverno, ma i dubbi per il prossimo anno, sostengono gli analisti, rimangono alti.
Il quadro, che pure ha messo in difficoltà l’Europa, ha svantaggiato in effetti la Russia? La risposta è sì nel breve periodo, ma le ultime stime del Fondo monetario internazionale mettono in luce come la Federazione russa sia poi riuscita ad “aggirare” le sanzioni e ad evitare un crollo vertiginoso, rafforzando le relazioni commerciali con altri partner strategici, quali Cina e India. Di fatto è avvenuta una compensazione rispetto all’ingente ridimensionamento delle vendite ai paesi europei. In tale contesto, sempre secondo le stime del FMI, l’economia russa dovrebbe crescere dello 0,3% nel 2023, quando soltanto a ottobre era stato previsto un calo del 2,3% proprio in virtù delle sanzioni economiche imposte dall’Occidente.