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In calo il potere d’acquisto delle famiglie

Nel quarto trimestre 2022 diminuisce anche la propensione al risparmio. Nello stesso periodo rapporto deficit/Pil è diminuito di 0,7 punti percentuali

di Redazione

Nel quarto trimestre 2022 l’indebitamento netto delle AP in rapporto al Pil, rileva l’Istat, è stato pari a -5,6% (-4,9% nello stesso trimestre del 2021). Il saldo primario delle AP (indebitamento al netto degli interessi passivi) è risultato negativo, con un’incidenza sul Pil del -0,7% (-1,2% nel quarto trimestre del 2021). Il saldo corrente delle AP è stato positivo, con un’incidenza sul Pil dell’1,3% (3,2% nel quarto trimestre del 2021). La pressione fiscale è stata pari al 50,5%, in riduzione di un punto percentuale rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Il reddito disponibile delle famiglie consumatrici è aumentato dello 0,8% rispetto al trimestre precedente, mentre i consumi finali sono cresciuti del 3%.

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La propensione al risparmio delle famiglie consumatrici, prosegue dunque l’Istat, è stata pari al 5,3%, in diminuzione di due punti percentuali rispetto al trimestre precedente. A fronte di una variazione del 4,7% del deflatore implicito dei consumi, il potere d’acquisto delle famiglie è diminuito del 3,7% rispetto al trimestre precedente.

La quota di profitto delle società non finanziarie, pari al 44,8%, è aumentata di 1,9 punti percentuali rispetto al trimestre precedente. Il tasso di investimento delle società non finanziarie, pari al 24,4%, è diminuito di 0,4 punti percentuali rispetto al trimestre precedente.

«Nel quarto trimestre del 2022 – è il commento dell’Istat che accompagna la nota –, l’indebitamento delle Amministrazioni pubbliche, pari a -5,6% del Pil, è risultato in peggioramento di 0,7 punti percentuali rispetto allo stesso trimestre del 2021. Migliora invece di 0,5 punti percentuali il saldo primario. La crescita del reddito disponibile delle famiglie (+0,8%), accompagnata da una crescita dei prezzi al consumo particolarmente forte nello stesso trimestre, ha comportato una significativa diminuzione del potere d’acquisto (-3,7%). La tenuta della spesa per consumi finali (+3% in termini nominali) si è quindi accompagnata ad una marcata flessione del tasso di risparmio».

 

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