In diminuzione il potere d’acquisto e il risparmio delle famiglie
Nel secondo trimestre 2023 cala dello 0,1% anche il reddito disponibile. L’indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche in rapporto al Pil è stato pari al -5,4%
di Redazione
Pressione fiscale pari al 42%, su valori stazionari rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Mentre il reddito disponibile delle famiglie consumatrici è diminuito dello 0,1% rispetto al trimestre precedente e i consumi sono cresciuti dello 0,2%. La propensione al risparmio delle famiglie consumatrici è stimata al 6,3%, in diminuzione di 0,4 punti percentuali rispetto al trimestre precedente. Così l’Istat riguardo il conto trimestrale delle amministrazioni pubbliche, reddito e risparmio delle famiglie e profitti della società, relativo al secondo trimestre dell’anno. A fronte di una sostanziale stazionarietà dei prezzi, aggiunge quindi l’Istat, il potere d’acquisto delle famiglie è diminuito dello 0,2% rispetto al periodo precedente.
Nel secondo trimestre del 2023, prosegue l’Istat, l’indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche (AP) in rapporto al Pil è stato pari al -5,4% (-5,7% nello stesso trimestre del 2022). Il saldo primario delle AP (indebitamento al netto degli interessi passivi) è risultato negativo, con un’incidenza sul Pil del -0,8% (-1,1% nel secondo trimestre del 2022). Il saldo corrente delle AP è stato positivo, con un’incidenza sul Pil dello 0,3% (0,6% nel secondo trimestre del 2022). Infine, la quota di profitto delle società non finanziarie, stimata al 43,2%, è diminuita di 1,9 punti percentuali rispetto al trimestre precedente. Il tasso di investimento delle società non finanziarie, stimato al 22,7%, è risultato stazionario rispetto al trimestre precedente.
«Nel secondo trimestre del 2023 – è il commento dell’Istat che accompagna la nota –, il quadro di finanza pubblica mostra un indebitamento in miglioramento e una pressione fiscale stabile rispetto al secondo trimestre dell’anno precedente. Con riferimento alle famiglie, l’aumento della spesa per consumi finali, nonostante la lieve flessione del reddito disponibile, si riflette in una flessione della propensione al risparmio, che già da diversi trimestri si attesta sotto i livelli pre-Covid. Le società non finanziarie registrano una caduta del valore aggiunto e degli investimenti e, in maggior misura, del risultato lordo di gestione. Ne risulta una flessione della quota di profitto e una stazionarietà del tasso di investimento, entrambi su livelli più alti rispetto al periodo pre-Covid».