In aumento l’economia non osservata nei conti nazionali
Secondo l’Istat, nel 2021, il complesso dell’economia sommersa vale 173,9 miliardi di euro, in aumento di 16,5 miliardi rispetto al 2020
di Redazione
Nel 2021, il complesso dell’economia sommersa vale 173,9 miliardi di euro, in aumento di 16,5 miliardi rispetto al 2020. La sua incidenza sul Pil rimane stabile al 9,5%. La componente legata alla sotto-dichiarazione vale 91,4 miliardi di euro mentre quella connessa all’impiego di lavoro irregolare è pari a 68,1 miliardi (erano, rispettivamente, 79,7 e 62,4 miliardi l’anno precedente). Le componenti residuali ammontano a 14,4 miliardi di euro (15,2 miliardi nel 2020). Lo afferma l’Istat nel report L’economia non osservata nei conti nazionali – Anni 2018-2021, in cui spiega che «l’economia non osservata è costituita dalle attività produttive di mercato che, per motivi diversi, sfuggono all’osservazione diretta e comprende, essenzialmente, l’economia sommersa e illegale».
Al riguardo, spiega l’Istat, benché sostenuta, la crescita dell’economia sommersa è stata in linea con la ripresa economica seguita alla crisi pandemica. Di conseguenza, l’incidenza del fenomeno sul Pil si è mantenuta costante al livello dell’anno precedente (9,5%), quando aveva fatto segnare una significativa diminuzione (-0,7 punti percentuali rispetto al 2019).
Nel complesso, afferma poi l’Istituto nazionale di statistica, i settori dove il peso del sommerso economico è maggiore sono gli Altri servizi alle persone, dove esso costituisce il 34,6% del valore aggiunto del comparto, il Commercio, trasporti, alloggio e ristorazione (20,9%) e le Costruzioni (18,2%). Per gli Altri servizi alle imprese (5,2%), la Produzione di beni d’investimento (3,4%) e la Produzione di beni intermedi (1,5%) si osserva invece un’incidenza minore.
La sostanziale stabilità dell’incidenza del sommerso sul complesso del valore aggiunto (+0,1 punti percentuali, al 10,6% dal 10,5% del 2020) è il risultato di dinamiche settoriali eterogenee. Infatti, mentre si riscontra una riduzione di 1,2 punti percentuali del peso del sommerso per Agricoltura, Costruzioni e Commercio, trasporti, alloggio e ristorazione, si osserva di converso un incremento per i Servizi professionali (+2,4 punti percentuali), gli Altri servizi alle persone (+0,6) e gli Altri servizi alle imprese (+0,4). Il contributo del valore aggiunto sotto-dichiarato all’attività produttiva, aggiunge l’Istat, ha un ruolo significativo per gli Altri servizi alle persone (11,8% del totale del valore aggiunto), il Commercio, trasporti, alloggio e ristorazione (11,7%) e le Costruzioni (10,5%). Il fenomeno risulta invece meno rilevante per Istruzione, sanità e assistenza sociale (2,5% del totale del settore), Produzione di beni di investimento (2,3%) e Produzione di beni intermedi, energia e rifiuti (0,5%).
Il valore aggiunto generato dall’impiego di lavoro irregolare presenta una maggiore incidenza negli Altri servizi alle persone (22,0% del valore aggiunto totale), anche per l’inclusione del lavoro domestico. Al contrario, il fenomeno risulta limitato nei comparti dell’Industria (con un impatto compreso tra lo 0,9% e il 2,8%) e negli Altri servizi alle imprese (1,6%). In Agricoltura, infine, il valore aggiunto sommerso, connesso alla sola componente di lavoro irregolare, è pari al 15,7% del totale del comparto.