L’Italia in standby e il «sonnambulismo» della società
Tra crisi demografica, guerra e cambiamento climatico, gli italiani sembrano rassegnati al declino: il Rapporto del Censis sulla situazione sociale del paese
di Redazione
«La società italiana sembra affetta da sonnambulismo». Ad affermarlo è il Censis nel consueto rapporto di fine anno sulla situazione sociale del paese. Giunto alla 57esima edizione, il rapporto spiega che la nostra società appare come «precipitata in un sonno profondo del calcolo raziocinante che servirebbe per affrontare dinamiche strutturali dagli esiti funesti».
Alcuni processi economici e sociali largamente prevedibili nei loro effetti, spiega allora il Censis, sembrano rimossi dall’agenda collettiva del paese, o sono comunque sottovalutati. A partire, ad esempio, dalla crisi demografica. Nel 2050 l’Italia avrà perso complessivamente 4,5 milioni di residenti (come se le due più grandi città, Roma e Milano insieme, scomparissero). La flessione demografica sarà il risultato di una diminuzione di 9,1 milioni di persone con meno di 65 anni (in particolare, -3,7 milioni con meno di 35 anni) e di un contestuale aumento di 4,6 milioni di persone con 65 anni e oltre (in particolare, +1,6 milioni con 85 anni e oltre). Si stimano quasi otto milioni di persone in età attiva in meno nel 2050: una scarsità di lavoratori che avrà un impatto inevitabile sul sistema produttivo e sulla nostra capacità di generare valore.
Il sonnambulismo, però, aggiunge il Censis, non è imputabile solo alle classi dirigenti, è un fenomeno diffuso nella «maggioranza silenziosa» degli italiani. Resi più fragili dal disarmo identitario e politico, al punto che il 56,0% (il 61,4% tra i giovani) è convinto di contare poco nella società. Feriti da un profondo senso di impotenza: il 60,8% (il 65,3% tra i giovani) prova una grande insicurezza a causa dei tanti rischi inattesi. Delusi dalla globalizzazione: per il 69,3% ha portato all’Italia più danni che benefici. E rassegnati: l’80,1% (l’84,1% tra i giovani) è convinto che l’Italia sia irrimediabilmente in declino.
Il Censis registra una serie di preoccupazioni, che però si trasformano il più delle volte in emergenze, reali o percepite. L’84% degli italiani è impaurito dal clima «impazzito»; il 73,4% teme che i problemi strutturali irrisolti del nostro paese provocheranno nei prossimi anni una crisi economica e sociale molto grave con povertà diffusa e violenza; per il 73% gli sconvolgimenti globali sottoporranno l’Italia alla pressione di flussi migratori sempre più intensi e non saremo in grado di gestire l’arrivo di milioni di persone in fuga dalle guerre o per effetto del cambiamento climatico; il 53,1% ha paura che il colossale debito pubblico provocherà il collasso finanziario dello Stato.
Anche il ritorno della guerra ha suscitato nuovi allarmi, sostiene ancora il Censis: il 59,9% degli italiani ha paura che scoppierà un conflitto mondiale che coinvolgerà anche l’Italia; per il 59,2% il nostro paese non è in grado di proteggersi da attacchi terroristici di stampo jihadista; il 49,9% è convinto che l’Italia non sarebbe capace di difendersi militarmente se aggredita da un paese nemico; per il 38,2% nella società sta crescendo l’avversione verso gli ebrei. Anche il welfare del futuro instilla nell’immaginario collettivo grandi preoccupazioni: il 73,8% degli italiani ha paura che negli anni a venire non ci sarà un numero sufficiente di lavoratori per pagare le pensioni e il 69,2% pensa che non tutti potranno curarsi, perché la sanità pubblica non riuscirà a garantire prestazioni adeguate. «Sono scenari ipotetici che paralizzano invece di mobilitare risorse per la ricerca di soluzioni efficaci e generano l’inerzia dei sonnambuli dinanzi alla complessità delle sfide che la società contemporanea deve affrontare», osserva al riguardo il Censis.
In un quadro del genere, i cittadini appaiono orientati a una più pacata ricerca di piaceri consolatori per garantirsi uno spicchio di benessere. Per l’87,3% degli occupati – emerge dunque dal Rapporto sulla situazione sociale del paese – mettere il lavoro al centro della vita è un errore. Non è il rifiuto del lavoro in sé, spiega il Censis, ma un suo declassamento nella gerarchia dei valori esistenziali. Dunque il 62,1% degli italiani avverte il desiderio quotidiano di momenti da dedicare a se stessi e un “plebiscitario” 94,7% rivaluta la felicità derivante dalle piccole cose di ogni giorno, il tempo libero, gli hobby, le passioni personali. Rispetto al passato, l’81% degli italiani dedica molta più attenzione alla gestione dello stress e alla cura delle relazioni, perni del benessere psicofisico individuale.