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Mercato del lavoro: nel terzo trimestre 2023 aumentano gli occupati

L’incremento, osserva l’Istat, avviene a seguito della crescita dei dipendenti a tempo indeterminato e degli indipendenti, compensando il calo dei dipendenti a termine

di Redazione

Nel terzo trimestre 2023, gli occupati aumentano in termini congiunturali di 65 mila unità (+0,3% rispetto al secondo trimestre 2023), a seguito della crescita dei dipendenti a tempo indeterminato (+75 mila, +0,5%) e degli indipendenti (+10 mila, +0,2%) che ha più che compensato il calo dei dipendenti a termine (-19 mila, -0,6% in tre mesi). Il numero di disoccupati è sostanzialmente stabile (+2 mila, +0,1% in tre mesi) e prosegue il calo degli inattivi di 15-64 anni (-84 mila, -0,7%). I tassi presentano una dinamica simile: quello di occupazione sale al 61,5% (+0,2 punti), quello di disoccupazione è stabile al 7,6% e il tasso di inattività 15-64 anni cala al 33,3% (-0,2 punti). Così l’Istat nel consueto report sul mercato del lavoro, relativo in questo caso al terzo trimestre dell’anno. Secondo l’Istat la crescita dell’occupazione e del relativo tasso interessa soltanto gli ultracinquantenni, mentre tra i giovani diminuiscono entrambi gli indicatori e tra i 35-49enni il calo del numero di occupati si associa alla stabilità del tasso.

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Nel periodo considerato, prosegue l’Istat, l’input di lavoro (misurato dalle ore lavorate) e il PIL aumentano in termini congiunturali e tendenziali, pur mostrando il secondo una dinamica più debole. L’input di lavoro è aumentato dello 0,4% rispetto al secondo trimestre 2023 e il PIL dello 0,1%. L’aumento rispetto al terzo trimestre 2022 si attesta all’1,8% e allo 0,1% rispettivamente. Nei dati provvisori del mese di ottobre, l’Istat osserva, rispetto al mese precedente, la crescita degli occupati (+27 mila, +0,1%) e, soprattutto, dei disoccupati (+45 mila, +2,3%) che si traduce nell’aumento di entrambi i tassi (+0,1 punti rispetto al mese precedente), di contro gli inattivi di 15-64 anni risultano in calo (-69 mila, -0,6%), così come il tasso di inattività (-0,2 punti).

Dunque l’occupazione, sempre nel terzo trimestre 2023, cresce anche in termini tendenziali (+481 mila, +2,1% in un anno), coinvolgendo i dipendenti a tempo indeterminato (+3,1%) e gli indipendenti (+1,6%), ma non i dipendenti a termine che diminuiscono (-2,3%); prosegue il calo dei disoccupati (-80 mila in un anno, -4,1%) e quello degli inattivi tra i 15 e i 64 anni (-442 mila, -3,4%). La dinamica si riflette nella crescita del tasso di occupazione (+1,3 punti rispetto al terzo trimestre 2022) e nella diminuzione dei tassi di disoccupazione e di inattività (-0,4 e -1,1 punti, rispettivamente).

Dal lato delle imprese, aggiunge infine l’Istat, la crescita delle posizioni lavorative dipendenti prosegue, seppur rallentata, in termini sia congiunturali sia tendenziali. Rispetto al periodo precedente, le posizioni dipendenti aumentano dello 0,6%, con una crescita più marcata per le posizioni a tempo pieno (+0,7%, rispetto allo 0,3% di quelle a tempo parziale). Anche la crescita tendenziale, pari al 2,7%, è più intensa tra i full time (+3,1%) rispetto ai part time (+1,6%). Le ore lavorate per dipendente crescono in termini congiunturali (+0,5%) e in termini tendenziali +(0,9%). Il ricorso alla cassa integrazione si riduce a 6,1 ore ogni mille lavorate. Il tasso dei posti vacanti non subisce variazioni nel confronto congiunturale né in quello tendenziale. Il costo del lavoro per Unità di lavoro dipendente (Ula) aumenta dello 0,7% rispetto al trimestre precedente, per effetto della crescita delle retribuzioni (+1%) e della stabilità degli oneri sociali. Su base tendenziale, la crescita del costo del lavoro è pari a 3,3%, a seguito dell’aumento della componente retributiva (+3,3%) e, seppur lievemente inferiore, di quello degli oneri sociali (+3,1%). La dinamica appena descritta è sostenuta, in particolare, dagli incrementi retributivi definiti nei contratti collettivi nazionali, che per il settore dell’industria mostrano i loro effetti in questo trimestre.

I dati dell’Istat diventano anche il pretesto per un quadro generale sul mercato del lavoro, alla luce degli andamenti degli ultimi anni, condizionati da una serie di emergenze – a partire da quella pandemica – che ne hanno definito i contorni. In questo senso, possono allora tornare utili le osservazioni del Censis contenute nel Rapporto sulla situazione sociale del paese. Osserva infatti il Censis che «siamo passati rapidamente dagli allarmi sugli elevati tassi di disoccupazione al record di occupati, mentre il sistema produttivo lamenta sempre più frequentemente la carenza di manodopera e di figure professionali». 

La fase espansiva dell’occupazione, avviata già nel 2021, si è consolidata – afferma l’Istituto – nel primo semestre di quest’anno. Tra il 2021 e il 2022 gli occupati sono aumentati del 2,4% e nei primi sei mesi dell’anno la crescita rispetto allo stesso periodo del 2022 è stata del 2%. Sono 23.449.000 gli occupati al primo semestre, che corrisponde al dato più elevato di sempre. Tuttavia, dice giustappunto il Censis, rispetto ai primi tre mesi di quest’anno si sono ridotte le ore lavorate in tutti i settori produttivi: -3% nell’agricoltura, -1,1% nell’industria, -1,9% nelle costruzioni, -0,5% se si considera l’intera economia. L’Italia rimane comunque all’ultimo posto nell’Unione europea per tasso di occupazione: il 60,1%, aumentato di due punti percentuali tra il 2020 e il 2022, ma ancora al di sotto del dato medio europeo (69,8%) di quasi dieci punti. Se nel nostro paese si raggiungesse il dato medio europeo – è la conclusione del Censis –, avremmo circa 3,6 milioni di occupati in più.

 

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