Prospettive economiche incerte, così il quadro internazionale
A pesare in larga misura, dice l’Istat, restano le tensioni geopolitiche e le condizioni finanziarie restrittive per famiglie e imprese
di Redazione
Alla fine del 2023 le prospettive economiche internazionali restano ancora molto incerte, circostanza dovuta in larga misura dalle tensioni geopolitiche, ma anche dalle condizioni finanziarie restrittive per famiglie e imprese. Così l’Istat nella consueta Nota mensile sull’andamento dell’economia italiana, nel capitolo introduttivo relativo al quadro internazionale. Per il momento i listini delle materie prime energetiche – prosegue l’Istat – sembrano mantenersi su un sentiero discendente. La dimensione dell’offerta e delle scorte ha favorito una diminuzione delle quotazioni negli ultimi due mesi. Il prezzo del Brent a novembre e dicembre ha continuato a scendere (rispettivamente 83,2 e 77,9 dollari al barile da 91,1 dollari di ottobre) e anche l’indice del gas naturale si è ridotto (a 110,4 e 93,9 da 114,1). Il tasso di cambio nominale euro dollaro in chiusura d’anno, aggiunge poi l’Istat, è rimasto stabile, segnando solo un lieve deprezzamento della valuta statunitense (1,08 e 1,09 dollari per euro rispettivamente a novembre e dicembre da 1,06 a ottobre ).
Il commercio mondiale di beni in volume, osserva l’Istituto nazionale di statistica, è cresciuto a ottobre dello 0,4% in termini congiunturali (+0,3% a settembre) grazie anche a una maggiore vivacità delle importazioni cinesi. Gli scambi internazionali hanno continuato, tuttavia, a mostrare una certa debolezza. Il PMI globale sui nuovi ordinativi all’export a novembre e dicembre è rimasto sotto la soglia di espansione, indicando nuove possibili riduzioni nei prossimi mesi.
Eterogenea, dice dunque l’Istat, è la dinamica dell’economia globale. Nel terzo trimestre, il Pil in Cina e negli Stati Uniti ha segnato una decisa accelerazione della crescita. L’economia cinese resta tuttavia caratterizzata dalla fragilità del settore immobiliare e dall’elevato debito del settore privato. Nello stesso periodo, in Europa l’attività economica, su cui ha inciso l’effetto asimmetrico della crisi energetica legata al conflitto tra Russia e Ucraina, è rimasta stagnante. In tutti i principali paesi si è continuato ad avere una discesa generalizzata dell’inflazione, che ha riflesso principalmente il calo delle quotazioni delle materie prime energetiche, accompagnata da condizioni del mercato del lavoro ancora solide. L’inflazione di fondo, tenuta sotto controllo dalla restrizione delle condizioni monetarie e da una crescita salariale ancora moderata, ha invece continuato a seguire un percorso di rientro più graduale. La fase di aumento dei tassi di interesse ufficiali da parte della Federal Reserve e della BCE dovrebbe essere sostanzialmente conclusa. L’incertezza che caratterizza lo scenario internazionale, tuttavia, resta elevata e non possono escludersi nuovi incrementi dei prezzi qualora il costo dell’energia torni a essere un fattore di rischio, risentendo anche delle tensioni geopolitiche in Medio Oriente.
Nell’area euro, conclude l’Istat la sua disamina del quadro internazionale, l’inflazione a dicembre ha registrato un aumento e tale tendenza potrebbe protrarsi alla prima parte di quest’anno. Gli ultimi dati sembrano confermare la previsione della Banca Centrale Europea secondo cui l’indice dei prezzi al consumo dopo avere raggiunto un minimo a novembre dovrebbe stabilizzarsi nel corso del 2024 ancora al di sopra del target del 2% per poi decelerare nuovamente l’anno successivo. Le prospettive per l’area sono migliorate: l’indice composito di fiducia economica ESI a novembre e dicembre ha ripreso a crescere (rispettivamente 94 e 96,4 punti da 93,7 di ottobre). In particolare, a dicembre, l’incremento dell’indice è stato guidato dall’aumento della fiducia tra i consumatori, nel commercio al dettaglio, nei servizi e nelle costruzioni. La fiducia nell’industria è, invece, rimasta sostanzialmente stabile. A livello nazionale, a dicembre, l’ESI è cresciuto in Italia (+2,6 punti), Spagna (+2,4) e Germania (+2,4), mentre è diminuito in Francia (-0,5).