Usa 2024. Le difficoltà di Biden e Trump
Secondo l’ultimo sondaggio New York Times/Siena College l’ex presidente è avanti in alcuni Stati chiave, ma il quadro complessivo evidenzia criticità per entrambi i principali candidati
di Fabio Germani
In condizioni normali, oggi il dibattito sarebbe ancora sulle primarie. Dove si gioca la nomination. Cosa ha detto un candidato anziché l’altro, e così via. Ma il 2024, ormai è chiaro, non è per gli Stati Uniti un anno elettorale come gli altri. Nel campo democratico la ricerca di un secondo mandato per il presidente Joe Biden non è mai stata in discussione, in quello repubblicano i giochi sono finiti quando a marzo Nikki Haley, l’ultima sfidante di Donald Trump, ha deciso di gettare la spugna. In più, in queste settimane, le cronache che arrivano da oltreoceano e relative al lungo processo elettorale statunitense sono legate soprattutto alle vicende giudiziarie che coinvolgono l’ex inquilino della Casa Bianca. Che però sembra non risentirne troppo nei sondaggi, almeno a leggere le recenti rilevazioni New York Times/Siena College, secondo cui Trump sarebbe in vantaggio in cinque Stati chiave su sei (Michigan, Arizona, Nevada, Georgia e Pennsylvania, mentre il Wisconsin è l’eccezione).
Su base nazionale Biden e Trump sono all’incirca alla pari, con il secondo che registra un leggero vantaggio sul primo. Tuttavia, è opportuno ricordare, i sondaggi nazionali vanno presi con le pinze, perché sarà in una manciata di Stati che verosimilmente si deciderà a novembre chi sarà il presidente per i prossimi quattro anni. Inoltre il recupero nelle rilevazioni si accompagnano ad una situazione meno lusinghiera, per Biden: il grado di approvazione piuttosto basso, anche nel confronto con il rivale repubblicano allo stesso intervallo del suo precedente mandato. Nella media storica elaborata da Gallup, al 13esimo trimestre da quando è alla Casa Bianca, Biden occupa l’ultima posizione (su dieci presidenti) nell’indice di gradimento.
In queste settimane l’attenzione mediatica è stata rivolta soprattutto alle proteste degli studenti nei campus universitari contro la guerra a Gaza, un tema su cui da mesi gli osservatori si interrogano sulle possibili conseguenze che potranno avere sul voto. L’amministrazione Biden sostiene Israele, in quanto alleato storico degli Stati Uniti, ma di recente ha assunto una posizione sempre più critica rispetto alla condotta del conflitto, arrivando a sostenere – il presidente in persona durante un’intervista alla CNN – lo stop alla consegna di armi in caso di inasprimento delle operazioni militari nella città di Rafah. Mosse comunque tardive, finanche in termini elettorali, suggeriscono diversi commentatori. Eppure risulta alquanto difficile provare a immaginare il tipo di impatto che le proteste universitarie avranno sul voto, se sono rappresentative su larga scala dei giovani statunitensi e se determineranno un dibattito esteso come quelle del 2020, dopo l’uccisione di George Floyd e Breonna Taylor.
Dal sondaggio New York Times/Siena College si scorge una lieve propensione delle fasce di età più giovani a esprimere la preferenza per Trump, ad ogni modo gli elettori sembrano nutrire, in generale, una scarsa fiducia in entrambi i – principali – candidati. Secondo il Pew Research Center i bianchi preferiscono Trump (56%) a Biden (42%); i neri sostengono Biden nella maggioranza dei casi (77%), ma c’è un tutt’altro che trascurabile 18% – altro argomento ricorrente di questi mesi – a favore di Trump; gli ispanici sono divisi in modo più equo, con il 52% per Biden e il 44% per Trump; gli asiatici sono più convintamente dal lato del presidente in carica (59%), mentre Trump si ferma al 36%. Resta però il fatto che metà degli elettori, ripartita all’incirca in egual misura tra tutti gli insiemi demografici, sostituirebbe Biden e Trump con altri candidati, soluzione possibilmente preferita dai giovani che si dichiarano, tutto sommato, dalla parte dell’attuale inquilino della Casa Bianca.
C’è forse un ulteriore elemento a dimostrazione di come le elezioni 2024 potrebbero essere più aperte di quanto non appaia al momento: la previsione di una larga affluenza il 5 novembre. Secondo una recente indagine Gallup, il 71% degli intervistati afferma di aver pensato «molto» alle elezioni e di solito, osserva l’istituto, ad un’attenzione elevata corrisponde poi una maggiore affluenza alle urne.
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