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Usa 2024. I temi della sfida Biden-Trump

Sondaggi e dibattiti tv, si accende la campagna elettorale in vista delle presidenziali di novembre

di Fabio Germani

Joe Biden e Donald Trump arrivano all’appuntamento del dibattito presidenziale di questa sera, giovedì 27 giugno, in un testa a testa nei sondaggi. Secondo la media nazionale delle rilevazioni di FiveThirtyEight, l’ex presidente si attesta al momento al 41%, in leggerissimo vantaggio sull’inquilino della Casa Bianca, il quale invece si colloca al 40,9%. Come abbiamo scritto più volte nel corso dello speciale Usa 2024, i sondaggi su base nazionale hanno un valore relativo poiché nel sistema americano si vota Stato per Stato e mentre alcuni Stati sono dati per sicuri, per storia e tradizione, in altri la competizione rimane incerta: è lì che si gioca – e anche stavolta non farà eccezione – la partita elettorale (in questa fase gli Stati da tenere d’occhio, secondo diversi osservatori, sono soprattutto Michigan, Arizona, Nevada, Georgia, Pennsylvania e Wisconsin). Tuttavia il testa a testa che si registra nei sondaggi nazionali è la dimostrazione di una situazione complessa da decifrare, che al momento concede poco spazio ai pronostici e sembra confermare il sentimento diffuso, già rilevato nelle scorse settimane, di un paese non felicissimo di dover scegliere tra questi due candidati.

Photo by Dan Dennis on Unsplash

Perciò il dibattito presidenziale in programma sulla CNN (ad Atlanta) quando in Italia saranno le 3 di notte può diventare un fattore in grado di “orientare al voto”, non per questo suscettibile di cambiamenti futuri. Sia Biden, sia Trump tenteranno di convincere gli indecisi, parlando dei problemi che i cittadini statunitensi hanno più a cuore. Ma il dibattito avverrà anche in una cornice a tratti inedita, e non solo perché in tv si sfideranno un presidente e un ex presidente. Tanto per cominciare, è inusuale che il primo dibattito avvenga prima delle convention dei partiti (quella dei repubblicani si terrà a Milwaukee dal 15 al 18 luglio, mentre quella dei democratici a Chicago dal 19 al 22 agosto) che formalizzeranno le nomination dei candidati. Ma il presidente uscente – nonostante le riflessioni sulla sua tenuta fisica a causa dell’età avanzata – non ha avuto rivali all’altezza durante le primarie e in definitiva lo stesso è valso per Trump, se escludiamo il timido tentativo di Nikki Haley. Di fatto conoscere i nomi dei due avversari alle presidenziali di novembre con un così largo anticipo ha cambiato le carte in tavola, senza dimenticare che fino all’ultimo la partecipazione ai dibattiti è stata in dubbio per l’iniziale reticenza della campagna Trump (gli altri candidati alla presidenza, da Robert F. Kennedy Jr. a Jill Stein dei Verdi, passando per Cornel West, sono esclusi per mancanza di requisiti di accesso al dibattito). 

L’altro elemento di novità sarà caratterizzato dalle regole del gioco. Nello studio di Atlanta della CNN – il duello televisivo sarà moderato dai giornalisti Jake Tapper e Dana Bash – non ci sarà il pubblico (quindi niente interruzioni, niente applausi, nessuna interazione con l’esterno); quando sarà il turno di un candidato di rispondere alle domande, l’altro non potrà intervenire perché avrà il microfono spento; sono previste due interruzioni, tuttavia né Biden né Trump potranno in quei frangenti allontanarsi dalle postazioni e avere contatti con i relativi staff; infine niente appunti, nel senso che i candidati potranno disporre soltanto di penna e fogli bianchi (e acqua, naturalmente).

Economia, immigrazione, aborto. Si può immaginare che saranno questi gli argomenti con cui i due rivali cercheranno di illustrare agli elettori le soluzioni più efficaci. Sull’economia, Biden in particolare dovrà persuadere gli spettatori sulla bontà delle sue misure e dei dati, che tutto sommato – al di là delle difficoltà sparse – descrivono uno stato di salute soddisfacente. Sull’aborto le posizioni di entrambi sono abbastanza note, anche se non sempre – come nel caso di Trump – chiarissime. Forse, però, sarà l’immigrazione il tema che farà emergere con maggior vigore le differenze tra i due. 

Secondo una rilevazione Gallup, ad aprile l’immigrazione è stata indicata dagli intervistati, per il terzo mese consecutivo, come il principale problema degli Stati Uniti. Si tratta di una faccenda alquanto polarizzante, data la discrepanza di vedute tra elettori repubblicani (48%) e democratici (8%), cui va aggiunta la robusta quota di indipendenti (25%) che la mette in cima alla lista delle questioni più importanti. Alla fine di febbraio, Joe Biden e Donald Trump sono volati in Texas per due visite separate in programma lo stesso giorno: il primo a Brownsville; il secondo a Eagle Pass, raggiunto dal governatore repubblicano dello Stato, Greg Abbott. Nelle rispettive occasioni, entrambi hanno constatato la difficoltosa gestione degli attraversamenti dei migranti, ma hanno anche offerto visioni contrapposte su come affrontare l’emergenza. Più votato al compromesso politico con la controparte repubblicana (fin qui senza successo), Biden. Più incline a mostrarsi deciso e propenso a scelte anche drastiche se eletto a novembre, Trump. 

Vista l’impossibilità di una collaborazione bipartisan al Congresso, di recente il presidente Biden ha firmato un ordine esecutivo che irrigidisce le norme in materia, limitando l’esame delle richieste di asilo al confine, considerati gli ingressi record degli ultimi tempi: se più di 2.500 al giorno in una settimana, si chiude la frontiera e chi riesce a passare viene rispedito indietro. Di contro, soltanto pochi giorni fa, Biden ha annunciato una riforma che avrà l’obiettivo di regolarizzare lo status delle persone – secondo le stime circa 500 mila – che vivono illegalmente nel paese da più di dieci anni, ma che sono sposate con un cittadino o una cittadina statunitense. L’iniziativa è stata lanciata nel mezzo di una cerimonia per il 12esimo anniversario del programma DACA dell’amministrazione Obama – una serie di tutele per chi è arrivato nel paese da bambino –, che nel tempo ha subito molti tentativi di sabotaggio. 

Al dibattito Donald Trump si presenterà in una veste, questa sì, del tutto inedita. Il 30 maggio l’ex presidente è stato condannato nel processo di New York relativo al caso Stormy Daniels. Cosa sappiamo dell’impatto che tale condizione ha avuto finora sulla campagna elettorale?  Secondo l’ultimo sondaggio del New York Times e del Siena College, la notizia ha significato poco: più di due terzi degli elettori affermano che l’esito del procedimento penale non fa alcuna differenza, mentre il 90% dei repubblicani continua a giudicare positivamente l’ex inquilino della Casa Bianca. Un ulteriore campanello d’allarme – l’ennesimo – per la campagna Biden?

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