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Usa 2024. Campagne elettorali e violenza politica

Sono molti gli elettori che la percepiscono come un problema rilevante, un tema più che mai attuale. Donald Trump annuncia il suo candidato vice

di Fabio Germani

Prima le pressioni, politiche e mediatiche, per esortare il presidente americano Joe Biden al passo di lato, dopo il confuso dibattito tv e le gaffe reiterate anche nel vertice Nato di Washington. Poi il tentativo di attentato ai danni di Donald Trump, durante il comizio a Butler, Pennsylvania, quasi alla vigilia della convention repubblicana che si sta svolgendo proprio in queste ore a Milwaukee. La campagna elettorale statunitense ha registrato momenti concitati, persino drammatici, che potrebbero – il condizionale è sempre d’obbligo in questi casi – segnare un’inversione di rotta nelle prossime settimane. Soprattutto il fatto di Butler – le autorità stanno ancora indagando sul movente del gesto compiuto dal ventenne Thomas Matthew Crooks, originario di Bethel Park, ucciso poi dagli agenti del Secret Service – sembra avere creato le condizioni, così almeno suggeriscono le cronache del momento, per un abbassamento dei toni accettato da entrambi i candidati. Sarebbe ad ogni modo un elemento di rottura rispetto agli scenari polarizzati che gli Stati Uniti hanno vissuto negli ultimi anni, sempre che la “tregua dialettica” invocata da più parti non sarà presto disattesa. 

Photo by Josh Johnson on Unsplash

Secondo un recente sondaggio YouGov, la violenza politica viene percepita come un problema rilevante dal 50% degli intervistati statunitensi, un sentimento diffuso maggiormente tra coloro che si dichiarano elettori repubblicani (57%, mentre i democratici si fermano al 47%). Il 51% si dice convinto che la violenza politica sia oggi più diffusa di quanto non lo fosse negli anni ‘60 – un periodo caratterizzato dalle numerose proteste, dai diritti civili all’impopolare guerra del Vietnam – e il 39% è inoltre persuaso che ce ne sia di più negli Stati Uniti in relazione agli altri paesi sviluppati. 

I sondaggi registrano il vantaggio di Trump su Biden, ma è ancora presto per parlare di un effetto in qualche misura legato al tentativo di attentato contro l’ex presidente. Un quadro più esaustivo arriverà nei prossimi giorni, ma nel frattempo altre situazioni – la stessa convention repubblicana, l’annuncio del candidato vicepresidente di Trump, James David Vance (del quale parleremo in maniera più approfondita nelle prossime puntate) e infine il dibattito interno al Partito democratico sulle capacità di successo dell’attuale inquilino della Casa Bianca – saranno variabili comunque determinanti nella lettura delle rilevazioni. 

Ad ora, osservando la media nazionale elaborata da FiveThirtyEight, l’ex presidente è avanti di 2,2 punti percentuali sul rivale dem: 42,4% a 40,2%. Entrando più nel dettaglio, l’ultimo sondaggio New York Times / Siena College analizza la situazione in due Stati ritenuti molto importanti per le speranze di rielezione di Biden: la Pennsylvania (vinto per una manciata di voti nel 2020) e la Virginia (dove quattro anni fa si impose con uno scarto tanto più ampio). Nel primo, Trump e Biden si collocano rispettivamente al 48% e al 45%, mentre nel secondo si evidenziano posizioni diametralmente opposte. Nei principali Stati chiave (Arizona, Nevada, Wisconsin, Michigan, Pennsylvania, North Carolina e Georgia), stando alla medie di RealClearPolitics, è Donald Trump ad avere la meglio. 

Le “sorprese” di questa campagna elettorale potrebbero non essere finite, tuttavia va anche ricordato il contesto, già di per sé anomalo, che anima le presidenziali 2024. In generale gli elettori statunitensi non nutrono giudizi lusinghieri nei confronti dei candidati. Secondo una recente indagine del Pew Research Center, nell’87% dei casi gli intervistati affermano che la campagna non li rende orgogliosi del paese, il 68% la giudica troppo negativa. Molti sostituirebbero, se ne avessero la possibilità, sia Biden che Trump, ma la quota di chi la pensa così è decisamente inferiore tra i sostenitori dell’ex presidente. 

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