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Usa 2024. La centralità della Pennsylvania

Panoramica sullo Stato che secondo molti potrà essere quello decisivo nella sfida Harris-Trump

di Fabio Germani

Partiamo dai sondaggi. Il New York Times, in collaborazione con Siena College, ha diffuso nelle ultime ore una rilevazione che vede l’ex presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, in vantaggio sulla rivale dem, Kamala Harris, in Arizona (50 a 45), Georgia (49 a 45) e, seppure con un distacco più lieve, in North Carolina (49 a 47), tre dei sette Stati in bilico rappresentativi della cosiddetta Sun Belt, benché la regione si estenda dalla costa atlantica a quella pacifica e presenti al suo interno discrepanze tutt’altro che trascurabili. Tuttavia, da settimane, analisti e osservatori concordano che con ogni probabilità sarà la Pennsylvania lo Stato chiave, quello in grado, cioè, di decidere l’esito delle presidenziali di novembre (nella somma dei voti elettorali, che si assegnano quando uno Stato si colora di blu o di rosso), soprattutto se a perdere sarà Harris. Qui, rileva sempre un sondaggio New York Times/Siena College pubblicato la scorsa settimana, la vice di Biden sarebbe in testa su Trump. Lo scarto, secondo la media di RealClearPolitics, è ad oggi dello 0,6% (48,3% Harris, 47,6% Trump), troppo stretto per giungere a conclusioni. Inoltre è opportuno sottolineare che la Pennsylvania si trova in un’area diversissima non solo geograficamente rispetto alla Sun Belt, ma anche da un punto di vista economico, politico e sociale. Nello specifico si tratta di uno Stato importantissimo per la storia del paese, non privo di incognite strutturali per cui i trend che apparivano consolidati, almeno negli ultimi anni, sono adesso messi in discussione in modo brutale. 

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Tanto per cominciare, la centralità storica della Pennsylvania va ricercata nella fondazione stessa degli Stati Uniti: è a Philadelphia che nel 1776 venne adottata la Dichiarazione d’indipendenza. Rimanendo ai giorni nostri, invece, è bene rammentare che nel 2016 il futuro presidente Trump conquistò la Pennsylvania per una manciata di voti (la differenza con Hillary Clinton fu dello 0,7% appena), ipotecando la Casa Bianca e interrompendo un “digiuno” repubblicano nello Stato che durava dalle presidenziali 1988, quando George H. W. Bush superò di circa due punti percentuali Michael Dukakis. Dopodiché, passati gli anni di Ronald Reagan e la parentesi Bush (l’ultima vittoria di un candidato dem risaliva al 1976, con Jimmy Carter), sarà un dominio democratico, da Bill Clinton a Barack Obama, passando per Al Gore nelle controverse elezioni del 2000, poi vinte da George W. Bush (si ricorderà il caos della Florida). Con le elezioni 2016 è stato rimesso tutto in discussione e la Pennsylvania, da allora, è diventata uno Swing State, come anche il 2020 ha potuto confermare: Joe Biden ha avuto la meglio su Trump con l’1% circa di distacco.

La Pennsylvania ha visto trasformazioni significative in questi anni, in linea con quanto successo in altre zone d’America riconducibili alla Rust Belt e alla regione degli Appalachi, dove la progressiva deindustrializzazione ha prodotto un impoverimento della classe operaia e un malcontento diffuso. Una situazione – descritta all’incirca dall’attuale candidato vice di Trump, J.D. Vance, nel suo libro di successo Hillbilly Elegy – che si è sviluppata a causa di una lunga serie di avvenimenti, dalla delocalizzazione all’automazione, senza dimenticare le crisi economico-finanziarie osservate negli ultimi due decenni e il loro impatto su comunità intere. Tutto questo si è tradotto in un voto di protesta – avverso alla retorica democratica accusata di avere abbracciato politiche che strizzano l’occhio più a Wall Street che alle persone – di cui Trump, nel 2016, si è fatto portavoce. Non è stato un fenomeno dirompente in termini assoluti, ma sufficiente a destabilizzare gli schemi. Ancora oggi, nonostante il quadro sia in continua evoluzione (tecnologica, demografica, eccetera), rimane un contesto piuttosto appetibile per chi è in cerca di consensi, al netto dei dubbi – accademici e non – riguardo il “peso” effettivo della working class sui più recenti risultati elettorali 

Il tema più importante in ambito economico della Pennsylvania potrebbe essere quello legato alle politiche energetiche. Dove il presidente talvolta può agire entro un certo limite (poiché molte delle decisioni in materia vengono prese a livello statale), ma che in ogni caso può condizionare attraverso indirizzi generali. Da sempre Trump è a favore del fracking, mentre Harris ha cambiato idea rispetto al 2019, quando si dichiarava contraria alla pratica, pur non voltando le spalle agli investimenti federali sulle energie pulite voluti strenuamente dall’amministrazione Biden. Ma un articolo del New York Times mette in luce come il problema non sia tanto l’estrazione di gas, bensì il crollo dei prezzi da cui deriva il rallentamento delle trivellazioni e la conseguente perdita di posti di lavoro. Dunque – scrive il NYT – per molti che operano nel settore nella regione degli Appalachi in Pennsylvania, «la questione chiave non è come produrre più gas naturale, ma come costruire le infrastrutture necessarie per trasportarlo» altrove, ad esempio nel New England, «dove è probabile che raggiunga prezzi più elevati». La faccenda è però complessa, se si considera anche la collocazione delle attività estrattive e le possibili ripercussioni sulla salute dei cittadini (specie chi soffre d’asma, i bambini o per quanto riguarda la qualità dell’acqua potabile), aspetti evidenziati nel già citato articolo del New York Times

Se la Pennsylvania appare incerta quando c’è da scegliere l’inquilino della Casa Bianca, in compenso è più coerente quando si vota per il governatore. Tom Corbett è stato l’ultimo governatore repubblicano, dal 2011 al 2015, ma la tendenza è che dai primi anni Duemila, all’epoca con Ed Rendell, sia il Partito democratico a esprimere la guida politica statale. L’attuale governatore è Josh Shapiro, del quale si mormora nutra ambizioni presidenziali da spendere nel prossimo futuro. Il suo nome era in lizza tra i possibili running mate di Kamala Harris, prima che venisse designato Tim Walz, governatore del Minnesota. Rilevante, poi, è stata la campagna elettorale per il Senato di John Fetterman, già sindaco di Braddock e vicegovernatore della Pennsylvania durante il secondo mandato di Tom Wolf. L’onda blu interna è con ogni probabilità trainata dalle città, multietniche quasi per definizione, tra cui le più importanti, collocate agli estremi, sono Pittsburgh e Philadelphia. La prima è un ex polo industriale, oggi a detta di molti tra le migliori città statunitensi in cui vivere. La seconda è una tipica metropoli americana, con tutti i problemi tipici delle grandi città. Uno su tutti: l’epidemia di oppioidi, una piaga che evidentemente non coinvolge solo la “provincia”. 

Secondo i dati del dipartimento della Salute di Philadelphia, nel 2022 si sono registrati 1.413 decessi per overdose involontaria, in aumento dell’11% rispetto all’anno precedente, che già aveva fatto segnare il massimo di 1.276 morti. Tali decessi continuano ad aumentare in particolare tra le minoranze, neri e ispanici, rispettivamente dell’87% e del 43% nel periodo 2018-2022, un dato che dalla prospettiva demografica rispecchia gli andamenti nazionali. Oltre l’80% delle morti per overdose osservate nel 2022 riguarda appunto l’abuso di oppioidi, in particolare fentanyl. Una calamità di cui si discute da anni, ma che non trova ancora soluzione nonostante gli sforzi per porre rimedio. E le promesse al riguardo dei candidati alle cariche pubbliche. 

Appuntamenti. Il dibattito tra i candidati vice, J.D. Vance e Tim Walz, si terrà il 1 ottobre su CBS News.

Le puntate precedenti:
Usa 2024. Dopo il dibattito Harris-Trump
Usa 2024. Tim Walz si “presenta”
Usa 2024. Il ritrovato entusiasmo tra i dem
Usa 2024. Biden si ritira. E ora?
Usa 2024. Chi è J.D. Vance, il candidato vice di Trump

 

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