Usa 2024. Cosa dicono i sondaggi a meno di un mese dal voto
Nella sfida Harris-Trump variazioni nulle (o quasi) su base nazionale, vantaggi fragili negli Stati in bilico: mai come stavolta si registra una diffusa incertezza in vista delle presidenziali
di Fabio Germani
Dapprima il dibattito tv tra i candidati vice, J.D. Vance e Tim Walz (che però, storicamente, sposta sempre molto poco). Poi Kamala Harris si è recata a Flint, Michigan, dove ha incontrato alcuni leader arabo-americani nel tentativo di ricucire i rapporti dopo che la comunità musulmana ha espresso distanze a causa della gestione della crisi in Medio Oriente da parte dell’amministrazione Biden (a tale proposito è opportuno ricordare che proprio in Michigan risiede la più grande comunità arabo-americana, concentrata perlopiù nell’area di Detroit). Infine il “ritorno” di Donald Trump a Butler, Pennsylvania, il luogo dove il 13 luglio l’ex presidente ha subito l’attentato. Con lui, stavolta, c’era anche Elon Musk. I contendenti alla Casa Bianca si preparano all’ultimo mese di campagna elettorale, ma i sondaggi continuano a fotografare una diffusa incertezza nonostante le numerose iniziative, quasi uno stallo in cui nessuna delle due parti ha fatto registrare significativi passi in avanti o indietro. Mai come in questo caso, infatti, qualsiasi previsione su chi riuscirà a ottenere i 270 voti elettorali necessari per vincere le presidenziali di novembre può rivelarsi un azzardo.
Secondo la media di FiveThirtyEight su base nazionale, né Harris né Trump hanno registrato variazioni particolari nelle ultime settimane, mantenendosi all’incirca sulle medesime posizioni (con la candidata dem salda nel suo leggero vantaggio). Negli Stati in bilico (Arizona, Nevada, North Carolina, Michigan, Wisconsin, Pennsylvania e Georgia) – dove peraltro si deciderà la partita –, lo scenario è altrettanto ingarbugliato, poiché dalle diverse rilevazioni un netto favorito proprio non riesce ad emergere. Questo spiega le ragioni per cui, più che gli Stati chiave nel complesso, sarà allora opportuno osservare le eventuali oscillazioni nelle singole contee.
Uno spunto interessante, tuttavia, arriva dall’ultimo sondaggio New York Times/Siena College. Se a metà settembre Harris e Trump erano in parità, ora la vicepresidente è in vantaggio sul rivale (49 a 46, un dato che rientra nel margine di errore, ma che fa segnare una prima volta per questo istituto), anche se l’aspetto più interessante dell’indagine è come alcuni segmenti di elettorato descrivono la vicepresidente in questo momento. Spiega il New York Times che i risultati suggeriscono che Kamala Harris stia ottenendo progressi, seppure ancora ristretti, su questioni come temperamento, fiducia e cambiamento, che – sottolinea – possono essere fondamentali in una corsa alla presidenza.
Nello specifico Harris aumenta il sostegno tra gli elettori più in là con gli anni e vede crescere i consensi tra i repubblicani, che nel 9% dei casi si esprimono a suo favore, in lieve crescita rispetto al 5% del mese scorso. E poi viene enfatizzata la questione del cambiamento, appunto, dove al momento Harris viene considerata più rappresentativa di Trump (46 a 44), specie nelle fasce più giovani. Trump mantiene comunque dalla sua il vantaggio sugli elettori maschi, in linea con le precedenti elezioni. E su un tema che da sempre è trainante: l’economia. Su questo argomento il candidato repubblicano è giudicato più affidabile. Con il 75% degli intervistati, oltretutto, che ritiene la situazione economica del paese tutt’altro che positiva.
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