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Come l’alta inflazione ha condizionato le abitudini di consumo

L’ingente aumento dei prezzi (2022-2023) ha contribuito ad aumentare la spesa delle famiglie. In calo nel 2023 la propensione al risparmio

di Redazione

In che modo l’alta inflazione ha condizionato le nostre abitudini di consumo? Una risposta arriva dal report dell’Istat, Le spese per i consumi delle famiglie – Anno 2023, pubblicato giovedì 10 ottobre 2024. Il forte aumento dei prezzi che ha caratterizzato il 2023, seppure in maniera più contenuta rispetto al 2022 – spiega dunque l’Istituto nazionale di statistica –, è stato fronteggiato dalle famiglie risparmiando meno o attingendo ai risparmi, ma anche modificando le proprie abitudini di consumo. La propensione al risparmio delle famiglie consumatrici è stata, infatti, del 6,3%, in calo rispetto al 2022 (7,8%) e molto al di sotto del livello pre-Covid (8% nel 2019). Inoltre, analogamente a quanto già osservato nell’anno precedente, anche nel 2023 le famiglie hanno modificato le proprie scelte di acquisto, in particolare nel comparto alimentare: il 31,5% delle famiglie intervistate nel 2023 dichiara, infatti, di aver provato a limitare, rispetto a un anno prima, la quantità e/o la qualità del cibo acquistato (erano il 29,5% nel 2022).

Foto di Chloe Evans su Unsplash

Gli aumenti, aggiunge l’Istat, hanno interessato tutte le classi di spesa della divisione alimentare, ma sono stati particolarmente elevati per le spese destinate a cibi pronti e altri prodotti alimentari pronti non altrove classificati (+15,5%, 34 euro mensili), oli e grassi (+12,9%, 17 euro), ortaggi, tuberi e legumi (+12,2%, 69 euro), latte, altri prodotti lattiero-caseari e uova (+11,9%, 65 euro), zucchero, prodotti dolciari e dessert (+9,6%, 23 euro), cereali e prodotti a base di cereali (+9,3%, 83 euro). Per la carne, che da sola rappresenta il 21% della spesa alimentare, l’aumento è stato del 6,7% (111 euro mensili nel 2023).

Per quanto riguarda la spesa non alimentare, quest’ultima cresce del 3,2% rispetto al 2022 (in media 2.212 euro mensili, che rappresentano l’80,8% della spesa totale), con aumenti attorno al 5% nel Centro (5,1%) e nelle Isole (5,2%). Il livello di spesa non alimentare più elevato si osserva, come nel 2022, nel Nord-ovest: 2.474 euro, senza però differenze significative rispetto ai 2.429 euro dell’anno precedente. La crescita – entra nel dettaglio l’Istituto – interessa la maggior parte delle divisioni di spesa, ma aumentano soprattutto le spese per Servizi di ristorazione e di alloggio (+16,5%, 156 euro mensili), per Beni e servizi per la cura della persona, servizi di protezione sociale e altri beni e servizi (+14,5%, 138 euro), quelle per Servizi assicurativi e finanziari (+14,1%, 76 euro) e le spese per Ricreazione, sport e cultura (+10,8%, 102 euro). A seguire, aumentano le spese per Trasporti (+9,2%, 291 euro mensili), per Istruzione (+8,7%, 16 euro mensili) e per Salute (+3,8%, 118 euro).

In questo caso si tratta in parte di un rimbalzo. Perché, spiega ancora l’Istat, prosegue anche nel 2023, il recupero delle spese penalizzate dalla pandemia nel 2020 e dalle persistenti limitazioni alla socialità nel 2021, e cioè le spese per Servizi di ristorazione e di alloggio e quelle per Ricreazione, sport e cultura, con le prime che nel 2023 superano per la prima volta il livello pre-Covid (nel 2019 ammontavano infatti a 132 euro mensili). Per i Servizi di ristorazione e di alloggio, gli aumenti più forti si osservano nel Sud (+25,7%, 82 euro mensili), seguito dalle Isole (+20,0%, 90 euro), sebbene la spesa media più elevata per questa divisione rimanga, come nel 2022, quella del Nord-ovest (201 euro mensili). Per Ricreazione, sport e cultura la crescita è più forte nel Centro (+15,8%), dove si dedicano in media a questa voce 119 euro al mese, e nelle Isole (+15,5%), che però si attestano su un livello di spesa inferiore, pari a 65 euro mensili.

 

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