Ambiente: l’impatto economico dell’inazione climatica
Secondo un recente studio potrebbe costare una perdita fino al 10-15% del PIL globale entro il 2100, causando danni per l’economia oltre che per le singole persone e gli ecosistemi
di Redazione
Sono le giornate della COP29, la conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici che dall’11 al 22 novembre si tiene a Baku, in Azerbaigian. Appelli da tutto il mondo per l’attuazione di politiche attente al rispetto di determinati parametri che possano contenere i mutamenti, già in grado – come si è potuto osservare di recente – di avere effetti devastanti sui territori e sulle popolazioni, senza trascurare l’impatto economico che tutto ciò, nel suo insieme, può provocare. Un tema che ora assume un significato particolare, in attesa di conoscere i piani in materia della futura amministrazione Trump alla guida degli Stati Uniti. Quanto alle ripercussioni economiche, il costo dell’inazione potrebbe risultare elevato: se non agiamo, rischiamo di perdere fino al 10-15% del PIL globale entro il 2100. È la conclusione cui sono giunti Boston Consulting Group (BCG), Cambridge Judge Business School e il Cambridge ClimaTRACES Lab in uno studio sul tema.
In altre parole, è punto chiave dello studio, se il mondo continuasse a investire nell’azione per il clima ai livelli attuali, la temperatura globale potrebbe superare i 3°C entro il 2100, innescando una spirale negativa stimata tra il 16% e il 22% del PIL globale cumulativo, che varrebbe a sua volta ad una contrazione della crescita di circa lo 0,4%. Tale scenario, allora, prospetterebbe danni ingenti per l’economia mondiale, oltre che per le singole persone e gli ecosistemi.
Tuttavia, una soluzione ci sarebbe, suggerisce lo studio. La via d’uscita potrebbe essere quella di investire anche meno del 2% del PIL cumulativo globale in sforzi aggiuntivi di mitigazione climatica entro il 2100, limitando l’aumento della temperatura a meno di 2°C. In questo modo si eviterebbero danni economici significativi, stimati tra l’11% e il 13% del PIL cumulativo.
In conclusione, come si diceva già all’inizio, il costo dell’inazione potrebbe causare una perdita intorno al 10-15% del PIL globale entro il 2100, eppure chi ha condotto lo studio concede una prospettiva di ottimismo nell’ipotesi di misure più ambiziose per il clima adottate dai leader internazionali e dai paesi. Si tratterebbe – è la convinzione trasmessa – non solo di una scelta vantaggiosa sul piano ambientale, ma anche di una mossa strategica per tutelare l’economia globale nel lungo termine.