Come la crisi ha cambiato l’occupazione
Nonostante l’incremento rilevato dall’ISTAT nel 2015 – secondo l’Istituto di statistica, lo scorso anno gli occupati sono cresciuti dello 0,83% rispetto al 2014 –, in buona parte del Paese l’occupazione risulta inferiore ai livelli del 2007.
Confrontando i dati relativi al 2015 con quelli del 2007, l’ultima analisi del Centro Studi ImpresaLavoro rileva che il numero degli occupati è inferiore rispetto al periodo pre-crisi in 72 province italiane su 110. Con la crescita occupazionale che si concentra principalmente nelle provincie del Centro-Nord e in particolare nelle province di Roma, con 163.110 posti di lavoro in più rispetto al 2007, Milano (+31.207), Firenze (+17.326), Bolzano (+16.744) e Viterbo (+13.302).
Nel Mezzogiorno, le cose prendono una piega diversa: tra tutte le province meridionali, Brindisi è l’unica ad avere un saldo (leggermente) positivo, con 591 posti di lavoro in più rispetto al 2007, mentre Napoli presenta il calo più significativo (-65.460 unità). Il Centro Studi ImpresaLavoro osserva che la crisi economica ha aumentato ulteriormente il divario tra le aree economicamente più avanzate e il Sud del Paese. Difficile sorprendersi, però.
L’ultimo rapporto dello SVIMEZ – l’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno – ha sottolineato l’impatto negativo della crisi economica sulle regioni meridionali, dove sono stati bruciati 576mila posti di lavoro tra il 2008 e il 2015. Un’enormità. Specialmente nel confronto con quanto accaduto nel resto del Paese, dove nel 2015 si contavano 235mila occupati in meno rispetto al 2008. Nel Sud del Paese, il numero degli occupati è sceso fino a 5,8 milioni: il numero più basso dal 1977, ovvero da quando sono disponibili le serie storiche dell’ISTAT.