Il trend della povertà in Italia
Che negli anni della crisi il numero delle famiglie che vivono in condizioni di povertà sia aumentato è cosa nota. Il recente studio della Confcommercio conferma, semmai ce ne fosse ancora bisogno, un trend che purtroppo si è consolidato nell’ultimo periodo, pur registrando dei miglioramenti negli ultimi due anni legati alla risalita del ciclo produttivo e dei livelli occupazionali. Nello specifico, spiega Confcommercio nello studio “Dalla Grande Recessione alla ripresa? Segnali positivi, ma fragili”, il numero delle famiglie in condizione di povertà assoluta è passato da 823.365 a 1.469.617 (per una crescita in termini percentuali del 78,5%), mentre l’incidenza sul totale è cresciuta dal 3,5% del periodo pre-crisi al 5,7% del 2014.
In sostanza gli individui che vivono tale situazione nel 2014 sono risultati essere oltre quattro milioni, con un incremento di quasi il 130% rispetto al 2007, più o meno il 7% della popolazione. Sembra quasi inutile dire che la circostanza ha provocato un mutamento nelle abitudini, dalla riduzione della spesa alimentare al calo degli acquisti di beni durevoli.
Anche l’Istat, non molto tempo fa, notava che in Italia 2,2 milioni di famiglie vivono senza redditi da lavoro, una quota che dal 9,4% del 2004 è passata al 14,2% dello scorso anno (quota che sale soprattutto nel Mezzogiorno). In più dopo il calo del biennio 2013-2014 l’indicatore di grave deprivazione materiale si è stabilizzato, sempre nel 2015, all’11,5%.
L’indicatore di grave deprivazione materiale considera la percentuale di persone che vivono in famiglie con almeno quattro dei nove “problemi” considerati, in pratica una situazione di involontaria incapacità di sostenere spese per determinati beni o servizi (spese impreviste, arretrati per il mutuo, l’affitto, le bollette o altri debiti, non poter riscaldare la casa in maniera adeguata, eccetera).
Questo indicatore ha registrato nel 2014 una diminuzione, attestandosi all’11,6% rispetto al 12,3% del 2013. Il picco è stato raggiunto nel 2012 con un livello che si è posizionato oltre il 14%, dopo l’impennata avvenuta tra il 2010 e il 2011 dal 7,4% all’11,1%. Nel periodo pre-crisi il valore si aggirava attorno al 7%.