LA CADUTA DI UN REGIME, TRA DUBBI E (POCHE) CERTEZZE
Il regime è caduto, Tripoli in festa, Gheddafi dov’è? Le voci si rincorrono – l’ultima, di al Jazeera, vorrebbe il Colonnello in Tunisia anche se il leader del Cnt, Jalil, ammette di non sapere dove si trovi –, mentre nella capitale libica c’è chi guarda al futuro. Già, ma quale futuro? Altro legittimo interrogativo. Nota Sergio Romano sul Corriere della Sera che se da una parte è alquanto semplice indicare lo sconfitto (Gheddafi, naturalmente), dall’altra assai più complesso è annoverare i vincitori. I ribelli – e non è certo un caso se in Libia si è parlato di “ribelli” e non di “popolo” come per l’Egitto e per la Tunisia – rappresentano l’amalgama di diverse anime (forze democratiche, fondamentalisti, ex fedeli del Rais) le cui aspettative (è il timore di molti osservatori) potrebbero cozzare quando sarà il momento di costruire il dopo Gheddafi. La Nato, che con le sue operazioni ha di certo indebolito le difese del regime, non ha tuttavia mostrato l’unità di intenti che ci si aspetterebbe dall’Alleanza. La Francia di Sarkozy che tanto aveva auspicato l’intervento militare? Difficile a dirsi. Discorso analogo per gli Stati Uniti, dove il successo non verrà festeggiato alla stregua della morte di Bin Laden. Quali, infine, i rapporti commerciali nel futuro? Quali i partner privilegiati?
I mezzi di informazione stanno mostrando al mondo le immagini dei ribelli festanti per le strade di Tripoli. Ma la sensazione, piuttosto, è quella di una guerra non ancora giunta al termine e che siffatta resterà ancora per un po’. Non basterà neppure, forse, la prossima, fugace notizia sulle sorti di Gheddafi.