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Welfare aziendale e nuovi strumenti per i dipendenti

Diverse le soluzioni nella prospettiva di nuove e più estese esigenze, dalla qualità del lavoro alla conciliazione carriera-vita privata. Ma l'Italia presenta ancora ritardi
di Silvia Capone

La flessibilità sul lavoro, nella prospettiva di rapporti datore-dipendenti che mutano e si rinnovano secondo nuove e più estese esigenze, è la risposta alla rigidità delle scadenze collettive o individuali che hanno contraddistinto la società del ‘900, ed è definita come un insieme di strumenti che permettono ai lavoratori di modificare il proprio orario di lavoro rispondendo contemporaneamente agli obiettivi dell’azienda e alle necessità di riuscire a conciliare carriera e vita privata. Tali strumenti contribuiscono al benessere del dipendente offrendo un miglior equilibrio tra ambito professionale e familiare, e comprendono orari di lavoro talvolta su misura, possibilità di carriera interna, distaccamento dall’ufficio, formazione, parità di genere, smart e home working.

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La flessibilità sul lavoro non è misurata in modo univoco tramite un indicatore valido universalmente, ma ne vengono analizzati gli strumenti che la compongono. In questo modo la valutazione dell’Italia risulta in miglioramento rispetto gli anni precedenti, ma ancora in ritardo se confrontata con altri paesi europei. Un indice per la sua comprensione è la soddisfazione sul lavoro che emerge dall’edizione 2016 del Bes, il rapporto dell’Istat sul Benessere equo e sostenibile. Secondo il report la soddisfazione per l’impiego svolto è lievemente cresciuta nel 2015 rispetto l’anno precedente, in particolar modo per gli aspetti che riguardano la stabilità lavorativa, l’orario e le retribuzioni. Il livello di soddisfazione varia a seconda della tipologia di contratto: ad esempio, per chi costretto ad un part time involontario, è significativamente più basso. Sentimento che in Italia è diffuso soprattutto tra le donne, che a fronte di una quota di occupate a tempo parziale in linea con l’Europa hanno un’incidenza di part time involontario superiore di 11 punti.

La flessibilità è anche spinta del welfare aziendale, in quanto insieme di benefit e prestazioni non monetari proposti dall’azienda al fine di incrementare il generale benessere del lavoratore e della sua famiglia. I benefici che possono essere messi a disposizione sono molteplici e differenziati a seconda dell’impresa, anche se, per quanto riguarda l’Italia, non sono egualmente diffusi a causa delle eterogenee dimensioni delle aziende. Infatti, secondo il Rapporto Welfare 2015 realizzato da OD&M Consulting, più del 50% delle aziende in Italia ha dichiarato di avere un piano di welfare, la metà di queste lo ha introdotto nel biennio 2014-2015. Il problema che emerge, però, riguarda in maniera particolare le piccole e medie imprese, la maggioranza nel nostro paese, che non possono permettersi, per costi e difficoltà manageriali, di adottare strumenti per il welfare aziendale. Negli ultimi anni si comincia a notare un miglioramento, sia da parte delle aziende, che aumentando la disponibilità tentano di ridurre il turn over e l’assenteismo, che da parte dei lavoratori, che puntano ad una migliore conciliazione dell’orario di lavoro con la vita privata. L’impresa quindi fidelizza i lavoratori che tra gli altri vantaggi vedono anche aumentare il loro potere d’acquisto, usufruendo di convenzioni e promozioni aziendali.

Gli strumenti più comuni offerti dalle aziende sono, secondo la ricerca Creare valore con gli Employee Benefit pubblicata da Zurich Italia, quelli legati alla prestazione lavorativa, quindi buoni pasto, auto e telefono aziendale, seguiti da servizi assicurativi e sanitari, come applicazione delle norme di categoria, e per ultimi i servizi per l’istruzione e la cura dei figli. In alcune imprese ben organizzate e che hanno studiato le esigenze del loro target di riferimento, la flessibilità degli orari è ormai abitudine e vengono introdotti altri strumenti diversificati tra i quali un contributo agli abbonamenti dei mezzi pubblici. La flessibilità dell’orario lavorativo si concretizza ormai in moltissime aziende con la “banca delle ore”, che permette ai dipendenti di non ricevere le ore di straordinario in pagamento, ma di accumularle e scalarle successivamente.
Il ritardo del nostro paese in tema di flessibilità sul lavoro emerge dal confronto a livello europeo, come si diceva all’inizio. Spicca invece la Francia dove la crisi del welfare statale è stata compensata dallo sviluppo di quello aziendale, in particolare su assistenza sanitaria, integrazioni previdenziali, formazione e maggiori tutele per le famiglie. Il modello già avanzato e collaudato prevede voucher finalizzati al pagamento anche di colf e badanti, andando incontro anche alle esigenze derivanti dall’invecchiamento della popolazione. Questo modello è stato inserito in Italia nella Legge di Stabilità 2016, in cui vengono previsti voucher per il pagamento di asili nido, assistenza a familiari anziani e convenzioni per la spesa sanitaria.
Nonostante le perplessità che orbitano attorno all’argomento, i soggetti interessati – datori, dipendenti e istituzioni – sono propensi ad accettare che in un mercato rigido verso l’innalzamento dei salari, come quello italiano, il sistema del welfare aziendale e la flessibilità convengano a tutti perché permette alle aziende di avere un significativo aumento di produttività e ai lavoratori di usufruire di vari benefit e migliore qualità sul lavoro.

GALASSIA LAVORO

 

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