Gli scambi commerciali generano lavoro
Le stime del WTO – ovvero l’Organizzazione mondiale del Commercio – prevedono che il 2017 sarà un anno migliore a quello precedente per gli scambi commerciali a livello globale, a due condizioni però: l’economia dovrà crescere secondo quanto previsto e i governi dovranno mantenere corrette politiche commerciali.
Secondo il WTO, quest’anno il commercio mondiale dovrebbe crescere ad un ritmo superiore rispetto al 2016 (+2,4% contro +1,3%).
Si tratta di una notizia positiva: in diversi rapporti, la Commissione europea osserva che, agendo tanto sull’offerta quanto sulla domanda, il commercio contribuisce a generare crescita economica e posti di lavoro. Soltanto nell’Unione europea, circa 30 milioni di occupati dipendono dalle vendite di beni e servizi al resto del mondo (nel 1995 erano dieci milioni di meno).
Del resto l’incremento degli scambi commerciali ha un impatto positivo sul fronte occupazionale: in media, nell’Unione europea, ogni aumento di un miliardo di euro nelle esportazioni crea 15mila nuovi posti di lavoro.
Il 2016 non è andato benissimo – lo scorso anno l’export dall’UE verso il resto del mondo ha raggiunto i 1.745,5 miliardi di euro, in calo del 2% rispetto al 2015 (i dati sono dell’Eurostat) –, mentre il 2017 è iniziato meglio: secondo le stime preliminari, a gennaio 2017 le esportazioni verso i Paesi extra-UE sono state pari a 141,2 miliardi (+16% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente).
Le esportazioni non hanno un impatto positivo soltanto sul Paese esportatore, in realtà: la Commissione europea sostiene che per ogni due posti di lavoro creati nello Stato membro in cui l’esportazione è contabilizzata, un altro posto è creato altrove nell’Unione europea.
Diverse ricerche confermano il contributo positivo dell’export: un’analisi del CER sull’integrazione internazionale e l’occupazione in Italia – il rapporto è stato realizzato con il sostegno di Unindustria e diffuso qualche settimana fa – osserva che le imprese italiane presenti sui mercati esteri sono più propense a generare nuova occupazione rispetto alle concorrenti non esportatrici.
Il sistema informativo Excelsior di Unioncamere lo conferma, rilevando che nel 2016 oltre il 36% delle imprese esportatrici ha previsto per lo stesso anno di assumere nuovo personale (la quota delle imprese non esportatrici, che hanno dichiarato la stessa intenzione, si ferma al 17%).