Commercio: consumi ancora deboli ad aprile
I consumi restano deboli: ad aprile l’indicatore dei Consumi Confcommercio (ICC) è diminuito dello 0,5% rispetto a marzo (su base annua c’è stata una crescita: +0,2%). Confcommercio osserva che la performance è stata influenzata dalle vendite di auto e moto e che, al netto, di questi fattori, l’ICC è cresciuto dello 0,3% su base mensile e dell’1,1% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Dall’analisi delle singole voci emerge che è aumentata la spesa per gli alimentari, le bevande e i tabacchi (in crescita dello 0,5% e quindi in recupero rispetto alla frenata del mese precedente), per gli alberghi, per i pasti e le consumazioni fuori casa (+0,2%) e per i beni e i servizi ricreativi (+0,1%).
Complessivamente, invece, il 2016 è stato un anno positivo: secondo l’ISTAT, la spesa per consumi finali delle famiglie residenti è aumentata dell’1,3% (+1,5% nel 2015). A crescere è stata tanto la spesa per consumi di beni (+1,8%) quanto per quella di servizi (+1%). Gli incrementi più consistenti riguardano la spesa per i trasporti (+5,3%), per gli alberghi e ristoranti (+2,9%), per l’abitazione (+1,3%) e per ricreazione e cultura (+1,2%).
Gli ultimi anni non sono stati facili per i consumi (le incertezze della crisi economica hanno costretto molte famiglie a tagliare molti voci di spesa) e quindi anche per il commercio. Un’analisi dell’Ufficio economico Confesercenti – lo studio è basato su un’elaborazione dei dati sulle vendite del commercio al dettaglio dell’ISTAT – ha stimato l’impatto della crisi sulle vendite.
Nel 2016 il commercio ha registrato un calo delle vendite al dettaglio (sia del comparto food che non food) di circa 7,7 miliardi di euro rispetto al 2010, oltre 300 euro di spesa in meno per famiglia.
La perdita non è divisa equamente tra le varie forme distributive, però: a crollare sono principalmente le vendite dei negozi della distribuzione tradizionale, diminuite di 6,9 miliardi in sei anni. Il calo registrato tra la grande distribuzione è meno accentuato (tra il 2010 e il 2016 le vendite sono diminuite del 1,2%) anche grazie alle vendite alimentari nei discount.