La dura vita di un giovane italiano
Se non è un grido d’allarme, poco ci manca. Negli scenari economici del Centro Studi di Confindustria – Le sfide della politica economica – viene dato particolare risalto alla situazione occupazionale dei giovani italiani, che presenta ancora un “inadeguato livello” che “sta producendo gravi conseguenze permanenti sulla società e sull’economia dell’Italia, sotto forma di depauperamento del capitale sociale e del capitale umano del Paese”. In altre parole, afferma Confindustria, vuol dire un “abbassamento del potenziale di crescita” e quindi, in parte, quasi un annullamento degli effetti “sullo stesso potenziale delle riforme strutturali così faticosamente realizzate in questi anni”.
I numeri. Confindustria spiega che “l’Italia ha tassi di occupazione giovanili molto ridotti, specie per gli under 30. Nel 2016 un sesto dei 15-24enni era occupato (16,6%), contro poco meno della metà in Germania (45,7%) e quasi un terzo nella media dell’Eurozona (31,2%). Tra i 25-29enni il tasso di occupazione italiano balza al 53,7%, ma il divario rispetto agli altri paesi euro si amplia, da 14,6 a 17,1 punti percentuali. La posizione relativa dell’Italia comincia a migliorare nella fascia di età immediatamente successiva (30-34 anni), con il tasso di occupazione al 66,3%, 10 punti sotto alla media dell’Eurozona. In Italia, come in quasi tutti i paesi avanzati, l’impatto della crisi sul mercato del lavoro è stato particolarmente marcato per i giovani, e ciò ha acuito la già molto netta segmentazione del mercato del lavoro italiano”. I periodi prolungati di disoccupazione e inattività cui spesso i giovani sono sottoposti, se si verificano soprattutto all’inizio della carriera lavorativa, aumentano il rischio di un’uscita permanente dal mercato del lavoro. Un rischio che sembrerebbe molto elevato nel nostro paese, dato che nel 2016 più della metà dei disoccupati 15-24enni era alla ricerca di lavoro da almeno 12 mesi.
INVECCHIAMENTO DELLA POPOLAZIONE
“Portare al lavoro un maggior numero di giovani è reso ancora più urgente dal processo di invecchiamento della popolazione”, dice Confindustria. L’indice di dipendenza degli anziani quasi raddoppierà nei prossimi decenni: oggi ci sono 34 individui oltre i 65 anni ogni 100 persone tra i 15 e i 64 anni, nel 2060 ce ne saranno 62. Al tasso di occupazione corrente del 57,2% per i 15-64enni, ciò implica che gli over 65 arriveranno ad essere più delle persone occupate, dai 59 ogni 100 attuali. Serve allargare la platea di quanti lavorano non solo allungando la vita lavorativa degli anziani ma anche accrescendo i tassi di occupazione complessivi, specie dei giovani, i lavoratori di domani. Se i tassi di occupazione raggiungessero gli attuali livelli tedeschi (45,7% per 15-24enni, 78,2% per i 25-29enni e oltre l’80% per i 30-64enni), nel 2060 il rapporto tra over 65 e occupati scenderebbe da 108 a 81.
EMIGRAZIONE
Altro aspetto, più volte sottolineato non solo da Confindustria: la scarsa occupazione giovanile abbassa il potenziale di crescita anche perché conduce all’emigrazione, creando un circolo vizioso “che è urgente spezzare”. Dal 2008 al 2015, periodo in cui il tasso di disoccupazione in Italia è passato dal 6,7% all’11,9% (dal 9,8% al 18,9% per gli under 40), hanno spostato la residenza all’estero 509 mila italiani. Di questi circa 260 mila avevano tra i 15 e i 39 anni, il 51% del totale degli emigrati, un’incidenza quasi doppia rispetto a quella della stessa classe di età sulla popolazione (28,3%). “Considerando che la spesa familiare per la crescita e l’educazione di un figlio, dalla nascita ai 25 anni, può essere stimata attorno ai 165 mila euro – aggiunge infine Confindustria -, è come se l’Italia, con l’emigrazione dei giovani, in questi anni avesse perso 42,8 miliardi di euro di investimenti in capitale umano”.