Cosa ha deciso la Banca centrale europea
La Banca centrale europea ha tagliato il quantitative easing, il programma di acquisto di titoli di Stato avviato a gennaio 2015. La decisione era nell’aria, si attendevano solo conferme, che puntualmente sono arrivate. In cosa consistono le novità? Dall’attuale ritmo di 60 miliardi di euro al mese (resterà tale fino a dicembre) a gennaio del nuovo anno si passerà a 30 miliardi. I tassi di interesse, al contrario, resteranno invariati al minimo. Anche in questo caso si tratta di una decisione attesa, poiché il rialzo avverrà al termine del Qe.
I mercati hanno reagito positivamente, del resto il programma è stato prolungato per un altro anno (fino a settembre 2018 e, se la cosa verrà ritenuta opportuna, anche oltre). È evidente che la Bce non vuole sfilarsi in maniera netta dagli impegni presi, ritenuti da sempre “non convenzionali”. Restano, poi, ancora alcuni nodi da sciogliere. Francoforte ha certamente intrapreso un percorso che condurrà l’Eurozona verso una normalizzazione della politica monetaria. Che ad oggi è valsa una crescita più elevata rispetto agli Stati Uniti nello stesso periodo di politica monetaria espansiva e un miglioramento dei livelli occupazionali, con la domanda interna che ha registrato una lieve risalita. Non ancora paragonabile al periodo pre-crisi, ma un inizio. Ecco perché rallentare la portata del Qe, prolungandolo però di diversi mesi, è da considerarsi una mossa prudente. L’inflazione non riesce a stabilizzarsi in maniera omogenea tra i vari Stati membri su valori prossimi al 2%, che ricordiamo essere prerogativa dell’Istituto. Inoltre i riflessi sull’economia reale si sono rivelati talvolta meno robusti del previsto, o perlomeno non in grado di mettere a sistema – in via definitiva – le misure adottate per sostenere la ripresa. Creando moneta, la Bce ha concesso nuove opportunità a imprese e famiglie (favorendo, cioè, l’accesso al credito), ma al contempo ha “viziato” giudizi e prospettive. Eppure c’è da ricordare che tali misure hanno permesso al ciclo economico di rivitalizzarsi ed uscire dalla prolungata fase recessiva cui è seguita un’altrettanto estesa stagnazione. Ciò è stato vero tanto per l’Eurozona quanto per l’Italia. A cominciare dal deprezzamento dell’euro, una spinta – ad esempio – per le imprese export oriented. Adesso siamo al cospetto di una versione soft del tapering, un processo ormai inevitabile. Ma il dimezzamento non esclude un aggiustamento in termini di «entità o durata» del programma, se nei prossimi mesi le condizioni economiche saranno poco favorevoli. Resta un fatto: il Qe e i tassi al minimo (iniziative che hanno fatto risparmiare molti soldi all’Italia di interessi sul debito) non possono rappresentare la normalità, bensì l’eccezione. A partire da ora, avremo modo di capire se il ciclo economico è ripartito sul serio.