Innovazione e flessibilità, obiettivi soprattutto a parole
Lo studio Global Talent Trends Study 2018 condotto dalla società Mercer presenta nel report “Unlocking Growth in the Human Age” le tendenze che interesseranno principalmente il mondo del lavoro nell’anno in corso. Tra questi, ovviamente, l’innovazione, che è al primo posto ormai da tempo. La tendenza è stata colta dalle imprese italiane che, a testimonianza del fatto che saper leggere i cambiamenti e adattarsi di conseguenza a questi è la chiave del successo, proprio per questo motivo dichiarano, tutte quelle interpellate, di aver inserito l’innovazione nel loro piano d’azione. La richiesta di innovazione secondo la ricerca arriva anche dai dipendenti: il 62% di essi ritiene che la tecnologia sia fondamentale per il successo del business, ma, nonostante i propositi da entrambe le parti, solo un terzo degli intervistati dispone già di strumenti digitali adeguati al proprio lavoro, contro una media globale del 48%. Così solo il 31% delle aziende italiane è impegnata nell’aumentare l’accesso a corsi di apprendimento online.
I dati fanno quindi emergere un gap tra il dire e il fare, tra i piani in cui le aziende dichiarano di impegnarsi e quel che nel concreto hanno già fatto. Ne deriva un’incapacità di colmare il dislivello e di stare al passo con i tempi che porta il 71% dei top manager in Italia a pensare che almeno un ruolo su cinque nella propria organizzazione cesserà di esistere entro cinque anni, a fronte della media globale dei “pessimisti” ferma al 53%. Nel descrivere i cambiamenti il rapporto tra le professioni in declino, individua quelle legate al settore amministrativo e manifatturiero, rispettivamente in calo del 35,5% e del 32,7% e attività estrattive e di costruzione. In ascesa invece vengono annoverati ruoli legati alla digitalizzazione quali data scientist (+25,2%), social media (+21,1%), user experience designers (+20,5%), pianificazione finanziaria (+15,3%), nursing informatics (+12,2%), “green collar” o agrotecnici, in aumento del 5,7%.
Un ulteriore gap individuato dal rapporto è quello tra le istanze dei dipendenti, che riguardano la scelta di modalità di lavoro più flessibili, coniugate con la volontà, per il 96% delle aziende, di soddisfarle, che si scontrano con una realtà in cui solo il 15% dei direttori delle risorse umane italiani considera la propria azienda capace di offrire opzioni in grado di integrare la flessibilità nell’organizzazione aziendale e con il 58% dei dipendenti che pensa ancora che la scelta di forme di lavoro flessibili possa avere implicazioni negative per la propria carriera.