I posti di lavoro a rischio automazione
Ogni rivoluzione porta con sé delle incertezze. Quella in atto nel mondo del lavoro, con l’impiego di nuove tecnologie, con l’automazione dei processi produttivi, l’impiego di robot e intelligenze artificiali, non rappresenta un’eccezione. Un report curato da Unioncamere e Anap stima che nei prossimi cinque anni (anche grazie al turn over) in Italia si avrà bisogno di almeno 2,5 lavoratori, dipendenti o autonomi. L’automazione, però, ne metterà a rischio molti altri, che saranno sostituiti da una applicazione, da un robot o da un algoritmo.
Lo studio ha provato a quantificarne il numero, basandosi sui dati contenuti in un dossier dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo economico (Ocse) dedicato all’Italia, in cui si stima la percentuale di occupazione «a rischio» per i diversi profili professionali. Ecco con quali risultati. In un arco di tempo abbastanza breve, che va dal 2018 al 2022, potrebbero essere almeno 300mila, pari al 12% dei 2,5 milioni che andranno creati, dicono Unioncamere e Anap.
Alcuni comparti sono considerati più a rischio di altri, ovviamente: secondo lo studio, le più colpite saranno le professioni non qualificate nelle attività commerciali, i negozi, la ristorazione e la ricettività, ma anche quelli in cui il “made in Italy” va forte (alimentare, moda e mobili).
C’è anche un altro aspetto da considerare: attualmente risulta difficilissimo poter quantificare quanti posti di lavoro potranno essere creati nei prossimi anni. Il perché è presto detto: le ricerche condotte oggigiorno considerano i lavori attuali, tralasciando i nuovi mestieri che potrebbero nascere in futuro, grazie proprio all’innovazione tecnologica. Un recente studio realizzato dal WEF, il World Economic Forum, sostiene che il 65% dei bambini che oggi frequentano le scuole elementari da adulto farà un mestiere che ad ora non esiste. Ciò è accaduto anche in passato, ma con una differenza sostanziale: le precedenti rivoluzioni industriali si sono sviluppate più lentamente rispetto alla velocità con cui riusciamo ad introdurre oggi le nuove tecnologie.