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Governo, adesso serve “una risposta credibile”

Era stato un po’ il nostro auspicio: slitta il voto sul ddl intercettazioni che era in programma nella giornata di mercoledì. La batosta rimediata dal governo in Aula, per un solo voto (a causa delle numerose defezioni di esponenti del governo e del Pdl), sul primo articolo del rendiconto generale dello Stato 2010 – legge peraltro legata a un articolo della Costituzione – obbliga la stessa maggioranza a rivedere quali siano le priorità. Soprattutto dopo che a chiederlo è il presidente della Repubblica, il quale in una nota si dice preoccupato dopo la mancata approvazione di ieri.
Subito è stato riferito di un Berlusconi amareggiato (era presente in Aula al momento della sconfitta) e ancora una volta a essere preso di mira è stato il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, assente al momento della votazione. Ma al di là delle questioni assolutamente interne alla maggioranza è innegabile come la votazione di ieri abbia avuto delle ripercussioni politiche (Gianfranco Fini lo ha sottolineato immediatamente). “La maggioranza che sostiene il governo non esiste più, né nel Paese né in questa Camera”, ha chiosato il capogruppo del Pd, Dario Franceschini.
Ora, la mossa del presidente del Consiglio – forse l’unica attuabile – è quella di ricompattare le file e chiedere la fiducia al Parlamento sulla base di un discorso programmatico. Cosa che avverrà giovedì. Anche perché la Giunta per il regolamento che si è riunita mercoledì mattina ha stabilito che il no al singolo articolo blocca di fatto l’intero provvedimento (alla Giunta spetta però un ruolo più che altro consultivo).
Di qui la mossa, già anticipata, del premier il quale – raccontano le cronache – si sarebbe sfogato osservando come “far cadere il governo nel mezzo di questa crisi economica sarebbe da irresponsabili”. Eppure c’è da notare ancora che il recente richiamo delle agenzie di rating che hanno declassato l’Italia – sebbene questi istituti non siano propriamente l’oracolo di Delfi – ha evidenziato una certa sfiducia nei confronti dell’esecutivo in termini di credibilità. La stessa di cui ora Napolitano chiede il conto.

F. G.

 

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