Il settore delle costruzioni e le sfide del futuro
Produzione in calo a marzo. Dal clima all’incremento di domanda di servizi e infrastrutture, come dovranno cambiare gli agglomerati urbani
di Redazione
L’Istat stima a marzo 2019 «che l’indice destagionalizzato della produzione nelle costruzioni diminuisca dello 0,9% rispetto al mese precedente». In generale, però, si osserva un periodo di lieve ripresa per quello che è uno dei settori che più degli altri ha pagato le difficoltà derivanti dalla crisi economica. Il mese precedente si era registrata una crescita del 3,4%, confermando la tendenza alla crescita congiunturale in atto da novembre dello scorso anno che si manifesta, peraltro, con un aumento più consistente di quelli riscontrati nei mesi precedenti (anche se, ancora nel 2018, le attese per il settore sono state perlopiù disattese). «Dopo la lieve flessione che ha contrassegnato l’ultimo trimestre del 2018 – osserva l’Istat commentando i dati di marzo –, il primo trimestre dell’anno registra un marcato aumento congiunturale. Nonostante il calo registrato nel mese di marzo, l’indice destagionalizzato della produzione nelle costruzioni si mantiene a livelli elevati nei primi tre mesi dell’anno. Il rialzo particolarmente consistente che si rileva in termini tendenziali è in parte da ricondurre alla caduta della produzione riscontrata nel marzo dello scorso anno».
Il settore delle costruzioni, però, non è solo un settore particolarmente colpito dalla congiuntura economica negativa, che ha visto bruciare posti di lavoro, chiudere cantieri e imprese. È un settore in profonda trasformazione, sulla scia dei cambiamenti socioculturali che stiamo attraversando, dalla demografia al clima, passando per le città che saranno sempre più popolose. L’Ance (Associazione nazionale costruttori edili) ne ha discusso in occasione dell’incontro Italia 2050, dove va il nostro Paese? di inizio mese, da cui sono emersi spunti interessanti relativi alla rigenerazione urbana. I cambiamenti climatici, il degrado dei fattori ambientali, la vetustà del patrimonio edilizio (in particolar modo di quello residenziale), il recupero dei suoli e degli immobili incongrui, fatiscenti o abbandonati e la carenza e inadeguatezza delle infrastrutture e delle reti sono ad esempio tra le questioni più urgenti da affrontare, afferma l’Ance.
Si ritiene che «nel 2050 due individui su tre vivranno in agglomerati urbani con pari incremento della domanda di servizi e infrastrutture. L’evoluzione della società richiede nuove politiche urbane, ovvero politiche per l’urbanità che privilegino un’effettiva intersettorialità ed integrazione. L’azzeramento del consumo di suolo nel 2050 – osserva l’Associazione, – come richiesto dall’Unione europea, è indissolubilmente legato all’avvio di una seria ed efficace politica di intervento sui sistemi urbani. L’uno è impossibile senza l’altro e di questo le regioni e molte realtà locali sembrano esserne già consapevoli attraverso leggi regionali e normative comunali volte a favorire la rigenerazione urbana». Il miglioramento della qualità urbana e del patrimonio edilizio pubblico/privato dovrà allora passare attraverso la sostituzione edilizia in senso lato, «quindi non solo con demolizione e ricostruzione, ma con modifiche di sagoma, ridistribuzione, accorpamenti ed incrementi volumetrici, diverso posizionamento sull’area di sedime, modifiche di destinazione d’uso ed efficientamento energetico, sicurezza sismica eccetera».