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La revisione del Patto di stabilità e crescita

Perché la Commissione europea ha avviato una consultazione pubblica e soprattutto: cosa è il PSC?

di Redazione

La Commissione europea ha avviato la consultazione sulla revisione del Patto di stabilità e crescita. Scopo della riforma è rivedere l’insieme di regole volte a correggere i bilanci o gli oneri del debito pubblico che risultano eccessivi, con l’obiettivo di dare maggiore slancio alla crescita e agli investimenti.

Ma facciamo un passo indietro: cosa è il Patto di stabilità e crescita? Si tratta di un accordo raggiunto tra i paesi dell’UE nel 1997 per coordinare le politiche di bilancio dell’Unione ed evitare disavanzi pubblici in eccesso, contribuendo alla stabilità monetaria. Il “predecessore” fu il Trattato di Maastricht, che includeva i criteri per ammettere i singoli paesi nell’euro tra cui le “famose” regole del deficit al 3% del Pil e del debito al 60% del Pil o in diminuzione verso il target di riferimento. Con la crisi, per salvaguardare la tenuta dell’Eurozona, è stato rinvigorito nel 2012 con il fiscal compact che inasprisce le regole di bilancio e obbliga i paesi dell’area dell’euro a rispettare i criteri già fissati in precedenza. Di pari passo sono state rafforzate nel corso degli anni le politiche di vigilanza su deficit e debiti pubblici – questo per mantenere il bilancio di medio termine, tre anni, in posizione di pareggio o in surplus – e sono state introdotte sanzioni e procedure di infrazione quali la «procedura per deficit eccessivo»

Ora la Commissione avvia il processo di revisione partendo con una consultazione pubblica, perché – è la motivazione – «le regole UE di bilancio hanno in parte aiutato la correzione degli squilibri e aumentato la difesa contro gli shock, ma allo stesso tempo il debito resta elevato in alcuni paesi e spesso l’impostazione di politica di bilancio è stata pro-ciclica. Inoltre, i conti pubblici non sono orientati alla crescita». In altre parole, si ritiene che il Patto di stabilità, con le sue successive espansioni, sia diventato «troppo complesso, poco trasparente e poco prevedibile».

Il processo di revisione prenderà il via attraverso una consultazione pubblica (nei prossimi mesi verranno coinvolti i governi nazionali, le parti sociali, economisti e università) e sulla base dei risultati che produrrà il dibattito, verranno poi decise le misure da promuovere e i passi successivi. Si ragionerà su come ridurre gli squilibri economici, ma anche su come rendere più efficace la flessibilità – peraltro già prevista – che dovrà avere un impatto decisivo alla luce degli obiettivi previsti dal Green New Deal, pilastro della Commissione von der Leyen.

In questo senso, va ricordato che nel 2015 la Commissione Juncker ha adottato una comunicazione interpretativa del Patto di stabilità e crescita per utilizzare al meglio la flessibilità – di cui l’Italia è tra i paesi che più ne ha beneficiato, quasi 30 miliardi dal 2015 al 2018 (pari all’1,8% del Pil, stando alle stime di Bruxelles) – a fronte di investimenti, riforme strutturali e condizioni congiunturali del ciclo economico.

 

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