Cala ancora la popolazione italiana: «Il ricambio naturale appare sempre più compromesso»
Per ogni 100 decessi arrivano soltanto 67 neonati, afferma l’Istat. Il calo della popolazione si concentra maggiormente nel Mezzogiorno
di Redazione
La vera emergenza in Italia è il crollo demografico. È un problema che il nostro paese si sta trascinando in maniera graduale e che rischia di avere ripercussioni negative soprattutto su lavoro ed economia. Per il 2019, l’Istat registra – risultati tuttavia ancora provvisori – un’ulteriore riduzione della popolazione residente. E il ricambio naturale, afferma l’Istituto senza troppi giri di parole, «appare sempre più compromesso».
Nel 2019 – rileva dunque l’Istat – si registra in Italia un saldo naturale pari a -212 mila unità, frutto della differenza tra 435 mila nascite e 647 mila decessi. Preannunciato dall’antitetica dinamica prospettiva di nascite e decessi nell’ultimo decennio, si tratta del più basso livello di ricambio naturale mai espresso dal Paese dal 1918. Ciò comporta che il ricambio per ogni 100 residenti che lasciano per morte sia oggi assicurato da appena 67 neonati, mentre dieci anni fa risultava pari a 96.
Emerge, anche in quest’ambito, il divario Nord-Sud. Il calo della popolazione si concentra, infatti, prevalentemente nel Mezzogiorno (-6,3 per mille) e in misura inferiore nel Centro (-2,2 per mille). Al contrario, prosegue il processo di crescita della popolazione nel Nord (+1,4 per mille). Lo sviluppo demografico più importante si è registrato nelle Province autonome di Bolzano e Trento, rispettivamente con tassi di variazione pari a +5 e +3,6 per mille. Rilevante anche l’incremento di popolazione osservato in Lombardia (+3,4 per mille) ed Emilia-Romagna (+2,8). La Toscana, pur con un tasso di variazione negativo (-0,5 per mille), è la regione del Centro che contiene maggiormente la flessione demografica e comunque l’ultima a porsi sopra il livello di variazione medio nazionale (-1,9). Totalmente contrapposte le condizioni di sviluppo demografico nelle quali versano le singole regioni del Mezzogiorno, la migliore delle quali – la Sardegna – viaggia nel 2019 a ritmi di variazione della popolazione pari al -5,3 per mille. Particolarmente critica, infine, la dinamica demografica di Molise e Basilicata che nel volgere di un solo anno perdono circa l’1% delle rispettive popolazioni.
Anche la fecondità, nel 2019 (un trend che si osserva da tempo), risulta più elevata nel Nord (1,36 figli per donna), davanti al Mezzogiorno (1,26) e al Centro (1,25). In generale, nonostante l’ennesimo record negativo di nascite, la fecondità rimane costante al livello espresso nel 2018, ossia 1,29 figli per donna. Nell’ultimo biennio, in particolare, tra le donne residenti in età feconda (convenzionalmente di 15-49 anni) si stima una riduzione di circa 180 mila unità. Il contributo più rilevante arriva dalla componente straniera. Di fatto circa un quinto delle nascite occorse nel 2019 è da parte di madre straniera. Afferma l’Istat: «Tra queste, pari a un totale di 85 mila, 63 mila sono quelle prodotte con partner straniero (che quindi incrementano il numero
di nati in Italia con cittadinanza estera), 22 mila quelle con partner italiano. I nati da cittadine italiane sono invece 349 mila, di cui 341 mila con partner connazionale e circa ottomila con partner straniero. Al pari di quella generale, la natalità risulta in calo per tutte le tipologie di coppia».