«Il primo contagio di nuovo coronavirus è avvenuto in Italia»
Lo sostiene un rapporto condotto dall’Istituto superiore di Sanità
di Redazione
Ci sono tante domande – alcune (ancora) senza risposta, ad altre, invece, ne è stata trovata una – riguardo il nuovo coronavirus. In un bollettino sull’epidemia, l’ISS, l’Istituto superiore di Sanità, ha diffuso alcune informazioni che è riuscito a raccogliere, fino ad ora, in attesa di trovarne altre. Cosa dice il rapporto? In sostanza, afferma che per tutti i casi italiani – secondo i dati della Protezione civile, aggiornati alle 18 del 10 marzo, 8.514 persone risultano positive al virus mentre i casi totali sono stati 10.149 –, l’infezione si è verificata in Italia: i tre casi registrati nel Lazio sono l’unica eccezione, in quanto il contagio è avvenuto all’estero, in Cina, probabilmente.
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L’ISS aggiunge che la Regione Lombardia ha inviato la segnalazione di una persona di nazionalità iraniana, che si sarebbe “verosimilmente infettata in Iran, uno dei Paesi (insieme al nostro e alla Cina) maggiormente colpiti dal nuovo coronavirus, pur non arrivando alla conclusione che la fonte dei contagi sia iraniana.
All’ISS mancano ancora molte informazioni: su 8.342 casi positivi analizzati, per esempio, è stato possibile ricostruire la data di inizio sintomi per poco più della metà, pari a 4.555 casi.
Il rapporto ribadisce che il maggior numero di casi riguarda gli anziani e che il tasso di letalità – ovvero la percentuale di malati che muoiono, molti dei quali presentano patologie pregresse – aumenta all’aumentare dell’età del paziente. Tra gli over 80 è del 13,2%, che scende al 6,4% tra chi ha un’età compresa tra i 70 e i 79 anni. Tra i 60 e i 69 anni, è del 2,5%, in quella tra i 50-59 dello 0,2% e in quella tra i 40-49 anni dello 0,1%.
Tra i tanti dati contenuti nel rapporto, ce n’è uno che deve indurre ad una riflessione: tra gli operatori sanitari sono stati diagnosticati almeno 583 casi di nuovo coronavirus – avvertenza: il dato potrebbe essere sottostimato, perché nei casi più recenti non è stata conclusa l’indagine epidemiologica, spiega l’ISS –, a dimostrazione dell’alto rischio di infezione tra quanti lavorano nelle strutture ospedaliere.