Lavorare meno, lavorare tutti: nuovi modelli di sviluppo all’orizzonte?
Si riaccende il dibattito sugli orari di lavoro. La recente proposta della premier finlandese prevede il passaggio a sei ore di lavoro giornaliero, dalle attuali otto, per poter fronteggiare la crisi occupazionale dovuta al coronavirus
di Redazione
“Lavorare meno, lavorare tutti”, vale a dire con una giornata lavorativa di sei ore anziché otto, è la proposta rilanciata dalla premier finlandese Sanna Marin, che era già stato argomento del suo programma elettorale, stavolta in prospettiva crisi post-coronavirus.
Secondo la premier finlandese, l’epidemia ha spinto molte persone a “valutare cosa sia realmente importante”, e proprio in virtù di ciò l’obiettivo della riduzione dell’orario lavorativo giornaliero è centrale ad un nuovo bilanciamento della vita lavorativa e privata.
Dal punto di vista economico la proposta non è in contrasto con l’obiettivo di molti paesi avanzati e nello specifico della Finlandia, di un tasso occupazionale più elevato e di una più solida economia pubblica, che riesca a redistribuire più equamente la ricchezza. A sostegno della teoria, l’esempio citato nel discorso della premier è la riduzione precedentemente adottata delle otto ore giornaliere e alla settimana lavorativa di cinque giorni che non ha comportato un crollo dei salari nel paese, ma al contrario un aumento nei decenni successivi.
Molti sono gli studi e gli esperimenti che giungono alla conclusione che sia possibile lavorare meno ore percependo lo stesso stipendio – facendo aumentare così il tasso di occupazione –, grazie ad un conseguente incremento di produttività e di benessere dei lavoratori dato dal nuovo orario.
La proposta riletta in chiave post-coronavirus potrebbe non sembrare così irrealizzabile, visto le conseguenze che la pandemia ha avuto sull’economia globale: la crisi ha trasformato il sistema economico e il funzionamento dell’economia tutta, nonché le modalità di svolgere il lavoro. Lo smart working, la cassa integrazione parziale, hanno già iniziato a porre le basi per un nuovo modello.
Gli orari di lavoro più brevi aiuterebbero quindi sia a ridisegnare una nuova partenza, un’economia diversa da quella entrata in crisi con la pandemia e soprattutto a contenerne le conseguenze sulla disoccupazione.
L’idea di lavorare meno ore senza intaccare lo stipendio è stata rilanciata anche in Italia, sempre come tentativo di contrastare l’aumento della disoccupazione conseguente al coronavirus e alla fine del blocco dei licenziamenti. La riduzione dell’orario di lavoro, per poter funzionare, dovrebbe riguardare tutte le filiere e i settori produttivi, anche quelli in cui la digitalizzazione – che è stata “aiutata” proprio dall’attuale situazione emergenziale – ha favorito lo smart working e, almeno in Italia, ha invece rilevato il problema opposto, quello dell’overworking, il lavoro anche dopo l’orario prestabilito e la mancanza di una disconnessione vera e propria.