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I cittadini durante la seconda ondata pandemica

Il clima familiare resta positivo, ma più di un quinto della popolazione ha avuto difficoltà nel far fronte ai propri impegni economici

di Redazione

Più di tre cittadini su quattro hanno scelto parole di significato positivo per descrivere il clima familiare durante la seconda ondata pandemica, solo l’8,4% ha scelto termini di accezione negativa. Più di un quinto della popolazione (22,2%) ha avuto difficoltà nel far fronte ai propri impegni economici (pagare mutuo, bollette, affitto, spese per i pasti, etc.), il 50,5% ritiene che la situazione economica del paese peggiorerà. Questo, in sintesi, il sentiment degli italiani che l’Istat ha registrato nel report su Comportamenti e opinioni dei cittadini durante la seconda ondata pandemica

Le parole che i cittadini hanno scelto di utilizzare per descrivere le giornate (quella precedente l’intervista, chiarisce l’Istat entrando nello specifico) durante la seconda ondata epidemica confermano le difficoltà affrontate nel periodo. Solo il 34,1% ha utilizzato parole di accezione positiva, il 44,7% si è espresso negativamente e il 21,2% in termini né negativi né positivi. La situazione è tuttavia migliorata nettamente rispetto al lockdown di aprile 2020, quando il 56,9% si era espresso con giudizi negativi e soltanto il 20,6% positivamente.

Le parole con segno più utilizzate con maggior frequenza per descrivere la giornata sono: “tranquilla” (pari al 38,2% delle parole positive, 23% ad aprile 2020) e “serena” (pari al 15,2% delle parole positive, 6,7% ad aprile 2020). Tra le parole di segno opposto più usate compaiono: “noiosa” (17,2%, 21,5% ad aprile 2020), “monotona” (8,9%) e lunga (7,2%). L’abitudine a convivere con la situazione determinata dall’emergenza sanitaria e la minore rigidità delle regole di comportamento anti contagio hanno molto probabilmente contribuito alla riduzione del sentiment della noia che in fase di primo lockdown è stata particolarmente sentita e diffusa.

“Normale” (43,6%), “lavorativa” (12,4%), “uguale” (7,8%) sono gli aggettivi usati più frequentemente, non riconducibili univocamente a significati positivi o negativi. Sono termini che rimandano perlopiù a una normalità recuperata rispetto ad aprile 2020, quando per esempio la parola “normale” rappresentava il 37,8% di quelle né positive né negative e la parola “lavorativa” solo il 3,6%, anche in conseguenza della sospensione di molte attività produttive.

Ovviamente alcuni aspetti sono cambiati rispetto alla prima situazione di lockdown, anche se nel complesso non si registrano mutamenti drastici. Riguardo le relazioni con i familiari conviventi, più di tre cittadini su quattro (76,2%) hanno scelto parole di significato positivo, l’8,4% termini di accezione negativa, il 14,9% termini non classificabili come positivi o negativi. Questa distribuzione ricalca quella emersa in fase di primo lockdown, a conferma di una diffusa tenuta delle relazioni familiari. Non si segnalano significative differenze in base a genere e classe di età. La convivenza, spesso forzata a causa delle limitazioni negli spostamenti, nella gran parte dei casi non ha prodotto effetti sul clima familiare che è rimasto inalterato anche in questo difficile periodo (86,3%). Per un cittadino su 10 è persino migliorato, anche se la quota è leggermente più bassa di quella rilevata ad aprile 2020 (15,6%).

Le regole vigenti durante la seconda ondata pandemica hanno ridotto gli spostamenti e in generale le attività fuori casa. Ciò ha significato anche riorganizzare i propri tempi e ridistribuirli tra le varie attività. Sebbene per la gran parte dei cittadini il tempo dedicato alla famiglia sia rimasto lo stesso (70,5%), più di uno su quattro (28,3%) è riuscito a incrementare quello dedicato ai propri familiari mentre solo per l’1% è diminuito. Sono soprattutto le persone fino ai 44 anni d’età ad aver ricavato più tempo da dedicare alla famiglia, in particolare gli uomini tra i 35 e i 44 anni (47,8%). Per effetto dello smart working e della sospensione di alcune attività lavorative ciò è stato possibile per alcuni lavoratori, più che per altri. Ad esempio, la quota di chi ha dedicato più tempo alla famiglia è del 39,3% tra gli occupati del Commercio mentre scende al 10,9% tra i lavoratori della Sanità che, nel 9,1% dei casi, hanno dovuto ridurlo.

Il rapporto di coppia va bene come prima per il 90,1% delle persone in coppia senza figli conviventi e per il 69,5% delle coppie con figli conviventi. In quest’ultimo caso, però, è più elevata la quota di quanti riportano un miglioramento del rapporto (17,8% a fronte del 4,6% di chi non vive con i figli). Che in famiglia si respiri un clima prevalentemente sereno è confermato anche dalle risposte fornite al quesito che rileva il timore di dire o fare qualcosa quando ci si trova in famiglia. L’85,1% ha poco e nessun timore. Tuttavia, anche in questo caso, emergono situazioni critiche per il 14,9% delle persone: l’11,9% dichiara di avere abbastanza paura di dire o fare qualcosa, il 3% invece di avere molta paura. Si tratta di oltre 4 milioni e 700mila persone senza significative differenze di genere. Rispetto a quanto rilevato ad aprile 2020, la quota di persone che esprimono molto o abbastanza timore è passata dal 9,1% al 14,9% mentre è scesa dal 74,0% a 62,8% la quota di quanti dichiarano di non avere alcun timore.

 

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