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Sprechi, corruzione e burocrazia: i timori degli italiani sui fondi del Recovery plan

Il 75,5% teme che dalla pressione a spendere in fretta possa derivare una riduzione dei controlli, spianando la strada all’illegalità, spiega uno studio del Censis

di Redazione

No sprechi, no corruzione, ma neanche un eccesso di burocrazia. Sono questi i principali timori degli italiani riguardo la gestione dei soldi del Recovery fund. Il 75,5% degli italiani, infatti, teme che dalla pressione a spendere in fretta possa derivare una riduzione dei controlli, spianando la strada all’illegalità. A dirlo è l’indagine realizzata dal Censis in collaborazione con Accredia, l’Ente unico nazionale di accreditamento, dal titolo La certificazione accreditata al servizio del Recovery plan.

Il 56,4%, viene spiegato nello studio, sostiene che le risorse vanno spese velocemente, ma con meccanismi affidabili di verifica del rispetto di norme e regole. Per il 30,4% servono controlli ferrei da parte dello Stato, anche a costo di rallentamenti. Mentre per il 6,5% bisogna azzerare del tutto i controlli per spendere le risorse con la massima celerità.

Il 75,8% degli italiani, poi, teme l’eccesso di potere delle burocrazie, il 66,6% teme che troppe leggi e regolamenti cui attenersi possano rallentare l’impiego delle risorse, il 65,7% teme che non ci siano garanzie sul fatto che quelli approvati siano i progetti migliori, il 65% teme che gli investimenti vengano dirottati su questioni non prioritarie, con una scarsa ricaduta sulle economie locali e sulla qualità della vita dei cittadini. Il timore avvertito maggiormente, condiviso dall’80,4% degli italiani, è che vincano le pressioni delle lobby, gli interessi particolari, con un orientamento delle risorse verso il vantaggio di pochi, non a favore dell’intero paese.

Spendere presto e bene è dunque la sfida per le istituzioni e la Pubblica Amministrazione, nota il Censi. Servono strumenti utili a far coesistere la verifica del rispetto delle regole con l’impiego rapido dei fondi. Negli ultimi anni si sono dimostrati molto efficaci gli oltre 2.000 organismi e laboratori accreditati del settore Tic (Testing, Inspection and Certification) con il rilascio di certificazioni per imprese, professionisti, prodotti e servizi. Certificarli sotto la garanzia dell’accreditamento significa attestare, velocemente e in modo affidabile, che sono conformi alle norme. Con un più ampio ricorso alla certificazione accreditata verrebbero amplificati anche i benefici ambientali e sociali, per un valore stimato in 2,2 miliardi di euro annui, con impatti positivi su ambiente (riduzione di emissioni inquinanti e risparmio energetico), lavoro (riduzione degli infortuni sui luoghi di lavoro), sicurezza alimentare (riduzione delle malattie legate al cibo e dei relativi costi sociali). Ecco perché è auspicabile che ai fondi NgEu vengano applicati criteri di accesso che stimolino il ricorso alla certificazione accreditata. Così si risponderebbe ai dubbi degli italiani. Ipotizzando l’obiettivo di arrivare a 150.000 imprese certificate sotto accreditamento (+60.000 rispetto alle attuali), si genererebbe un valore aggiuntivo pari a 30 miliardi di euro entro il 2023.

 

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