Psicosi e allarmismo: il solito circolo vizioso
L’ondivago flusso di notizie varia a seconda dell’importanza che esse assumono rispetto a un dato evento. Se avviene qualcosa di impellente e a noi più vicino, il “già successo” passa in secondo piano al di là dei risvolti che il primo episodio porterà con sé. È una condizione, potremmo definirla “naturale”, che si verifica incessantemente. Cosicché, ad esempio, dalla fobica attenzione rivolta alla sciagura giapponese si è adesso inclini a un maggiore interesse verso il dirimpettaio libico. È l’agenda setting, niente di nuovo. E non è neppure una novità l’allarmismo che di volta in volta accompagna determinate circostanze.
La tanto attesa nube radioattiva proveniente dal Giappone ancora non si è fatta vedere. Eppure a leggere certi giornali, La Repubblica in testa, sembrava un fatto imminente. O meglio, l’Italia – hanno reso noto oggi gli esperti – è stata sorvolata da alcune masse d’aria debolmente contaminate, ma nulla più. Lo stesso ministro della Salute, Ferruccio Fazio, ha rassicurato: “Nessuna nube tossica, solo correnti d’aria non pericolose”.
È un pessimo servizio quello che talvolta i quotidiani propinano ai fruitori di news, non tanto per la veridicità delle fonti (ognuno ha le sue e non c’è motivo di dubitarne l’autorevolezza), piuttosto per come vengono “caricate” le informazioni raccolte. Non sempre cavalcare l’onda emotiva è dirimente, spesso, anzi, può rivelarsi un’arma a doppio taglio.
Già ai tempi della rincorsa ai vaccini contro il virus H1N1 non passava giorno senza che i quotidiani aggiornassero i bollettini dei morti per via della malattia. Salvo, con il passare dei mesi, fare dietrofront e accorgersi che nel mondo una semplice influenza stagionale può causare in un anno molti più decessi.
Il can can mediatico può fare tanto, può trasformare un normalissimo raffreddore in pandemia e può persino fare arrivare i treni in orario. L’allarmismo alla bisogna, invece, provoca soltanto allarmismo ingiustificato. Merton teorizzò la “profezia che si autoavvera”. Hai visto mai che qualche volta ci si prenda pure.
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