Benedetto XVI, il Papa teologo che rivoluzionò la Chiesa
Dalla rinuncia alla morte: il decennio da Papa emerito, monacale, ma non claustrale
di A. Caputo
Nell’anno, funestato da una moria di personaggi celebri (in diversi ambiti, da capi di Stato e leader politici quali Gorbachev, la Regina Elisabetta, l’ex premier e segretario DC, De Mita, a sportivi quali Pelé e Mihajlovic a giornalisti come Eugenio Scalfari o Piero Angela, a personaggi dello spettacolo come Angela Lansbury, la mitica Jessica Fletcher della Signora in giallo) conclude, proprio il 31 dicembre, la sua esistenza terrena anche Joseph Ratzinger, Papa Benedetto XVI, a seguito di una malattia all’età di 95 anni. Numerosi i messaggi di cordoglio, a partire, ovviamente dall’Italia (dal presidente Mattarella al suo predecessore, Napolitano, il cui mandato quasi coincise col pontificato ratzingeriano, i due oltretutto erano quasi coetanei, alla premier Meloni, a ministri e leader politici, su tutti Carlo Calenda, soffermatosi sull’Enciclica Caritas in Veritate), ma anche nelle cancellerie internazionali (da Biden a Macron, da Putin a Scholz, dal polacco Duda all’inglese Sunak per citarne alcuni), tra i leader delle altre confessioni cristiane (il patriarca ortodosso Kirill, l’arcivescovo anglicano di Canterbury, Welby), o esponenti del mondo laico tutti sottolineando, al di là delle differenze religiose e di vedute, l’apporto culturale da lui dato al dibattito filosofico e teologico.
Il pontefice in carica, Francesco, nel pregare per lui in questi giorni, ne ha sottolineato la gentilezza d’animo e all’Angelus domenicale ha espresso «gratitudine a Dio, per aver donato alla Chiesa il Papa Benedetto». Il presidente Mattarella e la premier Meloni sono stati i primi ad entrare nella Basilica Vaticana per porgere l’ultimo saluto al feretro.
Modestamente anch’io, armandomi di santa pazienza mi sono recato, a metà mattinata, in San Pietro, per rendergli omaggio, entrato in Basilica dopo una fila di due ore tra i fedeli, di varie nazionalità, molti dei quali di lingua spagnola. Avevo intuito che la fila sarebbe stata lunga già vedendo il pienone nei vagoni della metropolitana, svuotatisi alla fermata di Ottaviano e il gran flusso, che partendo da Piazza Risorgimento, risaliva Via di Porta Angelica fino ad arrivare al colonnato del Bernini. Numerosi i varchi, per l’accesso alla Piazza, da tutte le direzioni, gli afflussi più massicci si sono avuti da Via della Conciliazione. La sottovalutazione dell’afflusso di persone, ben maggiore delle previsioni, ha portato qualche difficoltà nella gestione delle file in Piazza San Pietro. Il passaggio accanto alla salma dell’ex Pontefice (transennato da una fila di banchi, col presidio di due guardie svizzere) è istantaneo, la gendarmeria vaticana richiama continuamente chiunque cerchi di fermarsi anche solo per una preghiera o per una foto. Tra il clero in preghiera nei banchi alla destra del corpo di Benedetto XVI, era inginocchiato, con la moglie, Gianni Letta che vanta il titolo di Gentiluomo di Sua Santità.
Ci siamo già soffermati sulla vita di Joseph Ratzinger, quasi dieci anni or sono, al momento delle sue dimissioni, qui possiamo ricordare come la sua presenza, assai discreta, in questo decennio da Papa emerito, sia stata sì monacale, ma non certo claustrale. Qualche apparizione pubblica (la canonizzazione congiunta dei Papi, Giovanni Paolo II e Giovanni XXIII nella primavera 2014, la beatificazione di Paolo VI – Ratzinger era l’ultimo cardinale vivente nominato dal pontefice bresciano – nell’autunno dello stesso anno; l’apertura del Giubileo straordinario della Misericordia, a fine 2015; i primi due Concistori, nel 2014 e nel 2015) diversi interventi per iscritto su vari temi (dal celibato ecclesiastico, nel libro scritto insieme al Cardinale africano Robert Sarah a quello, pubblicato poco prima di Pasqua 2019, assai duro, sugli abusi sui minori, tema, sul quale aveva già preso provvedimenti da Pontefice, invocando la tolleranza zero), qualche intervista (con l’amico giornalista Peter Seewald, ex comunista, convertito al cattolicesimo proprio da Ratzinger) e diversi scambi epistolari, su tutti quelli col matematico (e ateo convinto) Odifreddi. I rapporti con il successore (come sottolineato da quest’ultimo) sono sempre stati buoni pur nella (a volte evidente) differenza di vedute, e, neppure privatamente, è stato udito uno dei due pontefici parlare male dell’altro. Anzi, proprio Bergoglio, parlando qualche mese fa del pontificato emerito, disse che l’esperienza con Papa Benedetto era andata bene («perché è un Santo ed è discreto»).
Chiudiamo con delle questioni, relative alla sua rinuncia avvenuta dieci anni fa: quasi da subito, negli ambienti cattolici tradizionalisti e conservatori (ma non solo) si sono sollevati dubbi sulle dimissioni (le quali se avvenute su pressioni di ambienti esterni o anche interni alla Chiesa, sarebbero nulle). All’oggettiva poca chiarezza (Papa Bergoglio ne ha accennato mesi fa) della situazione parrebbe aver messo fine la dichiarazione di Mons. Georg Gaenswein, segretario di Papa Benedetto, nell’intervista a Ezio Mauro avvenuta qualche giorno prima della morte di Ratzinger: «C’è un solo Papa e si chiama Francesco». Proprio il successore Francesco presiederà i funerali solenni, la mattina di giovedì 5 gennaio 2023, sul sagrato della Basilica di San Pietro.