La sicurezza dei cittadini, tra dati reali e percezione
Il ritorno alla normalità dopo la fase emergenziale della pandemia ha favorito la ripresa dei reati, che in generale si mantengono su livelli più bassi (o stabili) rispetto al recente passato
di Redazione
La Sicurezza è uno degli ambiti che ha registrato miglioramenti, secondo il Rapporto Bes 2022 dell’Istat, anche sulla scia dei progressi osservati negli anni passati. Eppure permane – un aspetto che in verità non stupisce granché – una certa differenza tra quelli sono i dati reali e la percezione delle persone. Gli indicatori oggettivi e soggettivi che misurano l’evoluzione della sicurezza nel nostro paese nel 2019, spiega infatti l’Istat, si trovavano su livelli migliori o stabili rispetto alla situazione di una decina di anni prima, ad eccezione dei borseggi e delle rapine che invece registravano una tendenza all’aumento. Gli omicidi e i reati predatori (furti in abitazione, borseggi e rapine), che nel primo anno di pandemia avevano toccato i valori più bassi di tutta la serie storica per le misure restrittive alla mobilità e ai contatti sociali, nel 2021 sono tornati a registrare una lieve crescita; per i reati predatori l’incremento è proseguito anche nel 2022. Nonostante questa crescita, aggiunge l’Istat, gli indicatori sui reati rimangono al di sotto dei valori pre-pandemia, ad eccezione del tasso di rapine, che è tornato sui livelli registrati nel 2019.
Sebbene i dati, dunque, restino su valori migliori rispetto a quelli del passato, la percezione subisce una variazione in qualche modo condizionata dal “ritorno alla normalità” dopo il periodo di lockdown e restrizioni varie nella fase più emergenziale della pandemia. Al riguardo, rileva l’Istat, nel 2022 la quota di persone che si dichiarano molto o abbastanza sicure quando camminano al buio da sole nella zona in cui vivono diminuisce di 1,6 punti percentuali, attestandosi al 60,6% (era il 62,2% nel 2021 e il 57,7% nel 2019) e aumenta di 1,3 punti percentuali la quota di famiglie che affermano che la zona in cui vivono è molto o abbastanza a rischio di criminalità, arrivando al 21,9% (era il 20,6% nel 2021, il 25,6% nel 2019). Rimane stabile invece al 6,9% la quota di popolazione che dichiara di aver visto nella zona in cui abita persone che si drogano o spacciano droga, prostitute in cerca di clienti o atti di vandalismo contro il bene pubblico (6,3% nel 2021, l’8,3% nel 2019).
Emergono differenze significative nel livello di sicurezza percepito dalla popolazione rispetto alla dimensione del comune di residenza, prosegue l’Istat: si sentono più sicure, percepiscono un minor rischio di criminalità e un minor degrado sociale e ambientale le persone residenti nei comuni fino a duemila abitanti e in quelli tra duemila e diecimila abitanti, rispetto a quelle residenti nei comuni di grandi dimensioni. Nei comuni tra duemila e diecimila abitanti la quota di persone di 14 anni e più che si dichiarano molto o abbastanza sicure quando camminano al buio da sole nella zona in cui vivono è 17 punti percentuali più alta rispetto a quella riscontrata nei comuni centro delle aree di grande urbanizzazione (68,4% contro 51,4%). Analogamente succede per la percezione del rischio di criminalità (11,2% contro 40,6%) e per il degrado sociale e ambientale (4% contro 13,9%).
La percezione di sicurezza, inoltre, non è uniformemente distribuita nella popolazione, ma varia secondo il genere, l’età e il titolo di studio. Il 70,9% degli uomini si sentono sicuri ad uscire la sera da soli al buio nella zona in cui vivono contro poco più della metà delle donne (51%). La situazione è diversa anche in relazione alle differenti età: i più insicuri sono gli anziani di 75 anni e più (41,6%), mentre i giovani e gli adulti percepiscono un maggiore livello di sicurezza (oltre il 66% tra i 20 e i 54 anni). Le differenze di genere si mantengono in tutte le fasce di età e in particolare tra i giovani di 20-24 anni tra i quali il 78,4% dei ragazzi si sente sicuro mentre tra le ragazze della stessa età il valore scende al 51,5%. La percezione di sicurezza è più alta tra i laureati (67,8%) e più bassa tra le persone in possesso al massimo della licenza media (55,6%). Anche tra chi possiede un titolo di studio elevato le differenze di genere si mantengono ampie, con circa 20 punti percentuali di differenza (78,6% tra gli uomini laureati rispetto al 59,5% delle laureate).
Ma quanto ai dati reali? Come già visto all’inizio, l’Istat risponde che nel primo anno della pandemia, le misure restrittive alla mobilità e ai contatti sociali imposte dall’emergenza sanitaria avevano portato ad una forte riduzione dei reati predatori (furti in abitazione, borseggi e rapine). Questi reati hanno toccato nel 2020 i valori più bassi di tutta la serie storica dopo il picco toccato nel 2013 per le rapine e nel 2014 per i furti in abitazione e i borseggi. Poi dal 2021, con l’allentamento delle misure restrittive e il ritorno alla normalità, questi reati hanno iniziato a registrare una lieve crescita che è proseguita anche nel 2022. Nonostante la crescita, i tassi dei furti in abitazione e i borseggi rimangono al di sotto dei valori pre-pandemia. Al contrario, il tasso di rapine è tornato sui livelli registrati nel 2019. Va notato comunque che nei quattro anni questo è il reato che è rimasto più stabile.
Nel 2022 il tasso di vittime di furti in abitazione si attesta al 7,6 per 1.000 famiglie (rispetto al 7,1 del 2021 e al 10,4 del 2019), il tasso di vittime di borseggi ammonta a 4,6 vittime ogni 1.000 abitanti (rispetto al 3,3 del 2021, 5,1 nel 2019) e quello delle vittime di rapine a uno ogni 1.000 abitanti (era pari allo 0,9 nel 2021 e all’1,0 nel 2019). I reati predatori si distribuiscono in modo diverso sul territorio con una maggiore concentrazione nelle regioni del Centro-nord rispetto a quelle del Mezzogiorno. Sempre nel 2022 il tasso più alto di vittime di borseggi si riscontra nel Centro con 7,4 vittime ogni 1.000 abitanti e nel Nord-ovest (6,7) rispetto a 1,8 vittime ogni 1.000 abitanti residenti nel Mezzogiorno. I furti in abitazione sono più diffusi nel Centro-Nord e in particolare nel Nord-est dove si contano 9,6 vittime ogni 1.000 famiglie, mentre nel Mezzogiorno il valore si attesta a 4,9 vittime ogni 1.000 famiglie. Per le rapine, conclude l’Istat, le differenze sono più contenute: il valore più alto si registra nel Nordovest con 1,3 vittime ogni 1.000 abitanti e il più basso nel Mezzogiorno (0,8 vittime per 1.000 abitanti.