Retribuzioni: a giugno +1% su mese, +3,1% su anno
Così l’Istat: «La dinamica tendenziale delle retribuzioni contrattuali continua a mostrare un progressivo rafforzamento»
di Redazione
Alla fine di giugno 2023, i 42 contratti collettivi nazionali in vigore per la parte economica riguardano il 46,1% dei dipendenti – circa 5,7 milioni – e corrispondono al 45,2% del monte retributivo complessivo. Nel corso del secondo trimestre 2023 sono stati recepiti due contratti: legno e prodotti in legno e vigilanza privata. I contratti in attesa di rinnovo a fine giugno 2023 sono 31 e coinvolgono circa 6,7 milioni di dipendenti, il 53,9% del totale. È quanto emerge dal report dell’Istat sui Contratti collettivi e retribuzioni contrattuali relativo al secondo trimestre 2023.
Tra giugno 2022 e giugno 2023, prosegue allora l’Istat, il tempo medio di attesa di rinnovo per i lavoratori con contratto scaduto è diminuito da 30,7 a 26,2 mesi; per il totale dei dipendenti da 15,8 è sceso a 14,1 mesi. Nel primo semestre 2023 (gennaio-giugno), la retribuzione oraria media è del 2,4% più elevata di quella registrata nel primo semestre 2022.
L’indice delle retribuzioni contrattuali orarie, a giugno 2023, segna un aumento dell’1% rispetto al mese precedente e del 3,1% rispetto a giugno 2022; l’aumento tendenziale è stato del 3,9% per i dipendenti dell’industria, dell’1,6% per quelli dei servizi privati e del 4,4% per i lavoratori della pubblica amministrazione. I settori che presentano gli aumenti tendenziali più elevati sono: attività dei vigili del fuoco (+11,5%), settore metalmeccanico (+6,2%) e servizio sanitario nazionale (+6,1%); l’incremento è nullo per farmacie private e per pubblici esercizi e alberghi.
«La dinamica tendenziale delle retribuzioni contrattuali – è il commento dell’Istat – continua a mostrare un progressivo rafforzamento: a giugno 2023 la crescita su base annua è stata del +3,1% (la più marcata da novembre 2009). Il comparto pubblico, che beneficia dell’applicazione degli incrementi relativi ai rinnovi del triennio 2019-2021 siglati a partire da maggio 2022, è quello che registra l’incremento più alto (4,4%). Nonostante il recente rallentamento dell’inflazione, nei primi sei mesi dell’anno la distanza tra la dinamica dei prezzi (IPCA) e quella delle retribuzioni supera ancora i sei punti percentuali».